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I. L'Agricoltura di Cassiano Basso Scolastico.

Recenti lavori di J. Ruska' hanno definitivamente stabilito che noi possediamo in arabo due diverse redazioni dei Geoponica di Cassiano Basso Scolastico, ossia:

A.-La versione dal "greco-bizantino" (al-lisān ar-rūmī) fatta da Sirgis ibn Hiliyya ar-Rumi ( = Σέργιος υἱὸς Ηλίου), lo stesso che nel 212 eg. (827-828 Cr.; non 214) tradusse dal greco in arabo l' Almagesto.-Questa versione, intitolata al-filāḥah ar-rūmiyyah "L' agricoltura greco-bizantina,” si trova ms. a Leida, cod. Warner. 414 (Catal. III, 211-213, nr. 1277); inoltre, cosa sfuggita al Ruska, fu stampata al Cairo col titolo: Kitab al-filaḥah al-yunāniyyah ta'lif al-faylasuf....Qusṭūs ibn Lūqā ar-Rūmi targamat Sirgis ibn Hĺbǎ ar-Rūmi, Cairo, tip. wahbiyyah, ramaḍān 1293 eg. [= sett.-ott. 1876], in-8°, 10+149 pp. Infine 2 mss. sono nella moschea az-Zaytunah di Tunisi®.

1 Cassianus Bassus Scholasticus und die arabischen Versionen der griechischen Landwirtschaft (D. Isl., v, 1914, 174-179).- Weinbau und Wein in den arabischen Bearbeitungen der Geoponika (Archiv f. d. Gesch. d. Naturwissenschaften u. d. Technik, vi, 1913-14, 305-320).-Brevissimo sunto: Die Geoponika in der arabisch-persischen Literatur (Verhandl. d. Gesellsch. deutscher Naturforscher und Aerzte, 85. Versamml. zu Wien vom 21. bis 28. Sept. 1913. Leipzig 1914, 11. T., 2. Hälfte, pp. 336-337).

2 Vissuto nel sec. vi o vII d. Cr. Il vecchio argomento per porlo in modo sicuro nel vi sec. era basato sopra l' erronea congettura che il suo traduttore Sirgis ibn Hiliyyä fosse il famoso siro Sergio di Rhesaina († 536 d. Cr. ?), e che quindi si trattasse di versione in siriaco od in pehlevico.

Indicata nel Catal. périod. de livres orientaux della casa E. J. Brill di Leida, nr. 1 (1883), p. 10, nr. 51 (con l' errore di stampa 1393 per 1293); usata da M. Steinschneider, Die arabischen Uebersetzungen aus dem Griechischen, Philosophie § 6 (30), pp. 14-15 (Beihefte zum Centralblatt für Bibliothekswesen, xII, Leipzig 1893), con l' errore di stampa 1298 per

1293.

Così soltanto nel frontispizio posto dallo stampatore; invece nella prefazione dell' opera e nei titoli di ciascuno dei 12 guz' si ha giustamente ar-rūmiyyah, come nel ms. Leidense, in HH ecc.

Così, per (Hiliyya, 'HAías), anche a p. 2 (prefaz.) e 19 (titolo del 2° guz'). Il Catal. périod. Brill: "Halbâ."

6 Deduco questo dal seguente avviso pubblicato sulla 4a pag. della copertina dell' opera Mechra El Melki, chronique tunisienne...par Mohammed Seghir Ben Youssef, de Béja,...traduit par V. Serres et Moh. Lasram, Tunis 1900, e relativo alle "publications de MM. V. Serres et M. Lasram": "En préparation. Traité d'agriculture de Kastos, traduit du grec en arabe par Serdjès ben Helia; texte arabe inédit publié d'après deux manuscrits

B.—La versione anonima dal "persiano" (al-farisiyyah); in persiano il libro era intitolato Warz-namah "Libro dell'agricoltura" (ossia, come spiega il traduttore nella prefazione, in arabo Kitab az-zar).-Da oltre un secolo si conoscevano 2 mss. di questa versione: uno a Leida (cod. Warner. 540; Catal. III, 213, nr. 1278) finito di copiare nel şafar 563 eg. (nov.-dic. 1167); l' altro ad Oxford, ove il libro porta il titolo, difficilmente autentico, di Kitab al-bara'ah fi'l-filāḥah wa 'z-zira'ah (cfr. Biblioth. Bodlej. codd. mss. orient. catalogus, Pars 1 [ed. J. Uri, 1787], p. 113, nr. 439). Il Ruska ha scoperto i libri 3-9 di questa versione in un ms. acefalo e monco di Gotha (catal. Pertsch, IV, 138, nr. 2120), ove il titolo era Kitab al-fallaḥin "Il libro degli agricoltori"; invece gli è sfuggito che un esemplare completo si trova anche a Berlino (catal. Ahlwardt, v, 484, nr. 6204), in un ms. copiato circa il 450 eg. (1058 Cr.), ed erroneamente intitolato "L'agricoltura d' Ibn Waḥšiyyah."-È da notare che anche l' originale traduzione "persiana" sembra essere stata anonima'.

Tanto la redazione A quanto la redazione B sono divise in 12 sezioni (guz') o libri; invece varia moltissimo il numero dei capitoli (bab) delle singole sezioni, sovra tutto nella sez. IV (73 capp. in A, 118 in B) e nella Ix (7 in A, 22 in B). La redazione B offre un testo più ampio di A.

Infine è da tenere presente l' importante risultato a cui è arrivato il Ruska, Weinbau, pp. 308, 318-319. È noto che i Geoponici greci a noi giunti, e, con il titolo epi yewpyías ékλoyaí, attribuiti a Cassiano Basso Scolastico, rappresentano

de la Bibliothèque de la Grande-Mosquée de Tunis, et traduction française. (Le texte grec original est perdu, et l'on ne connaissait jusqu'ici que le titre et quelques fragments de la traduction arabe.)" I due traduttori ignoravano dunque l'esistenza dell' ediz. cairina; sembra che l' opera annunziata come in preparazione non sia mai uscita.

1 Nell' esemplare ms. di Haggi Halifah della Bodleiana (secondo E. B. Pusey, Bibl. Bodl. codd. mss. orr. Cat., Pars 11 [1835], p. 582), è detto che autore della versione persiana fu Zakariyya' Darwiš ibn 'Ali. Questa notizia, affatto inverisimile e dovuta senza dubbio a qualche confusione, non si trova nelle edd. di HH, s. v. "Kitab" (ed. Flügel, v, 132, nr. 10,377; ed. Cstnpli 1311 eg., 11, 293), e neppure nel ms. leidense di ḤḤ.

2 Secondo il Ruska, Weinbau, 307, le sez. xi e xii di B (secondo il ms. Leida) avrebbero rispettivamente 4 e 10 capp. Invece la descrizione Ahlwardt del ms. di Berlino (pure redazione B) dà rispettivamente 14 e 31 capp.

un testo rimaneggiato, fatto mettere insieme da Costantino VII Porfirogenito (912-959 Cr.). Ora A e B rappresentano due redazioni greche più antiche di quella a noi giunta.

Che cosa si deve intendere per quella "lingua persiana (farisiyyah) dalla quale fu tradotta in arabo la redazione B?

Se si considera, da un lato, che una copia della traduzione araba (ms. Berlino) è già del 1058 Cr., e dall' altro lato che la redazione greca che sta a base di B è più antica di quella fatta nella 1a metà del sec. x per Costantino Porfirogenito, è chiaro che la versione "persiana" deve risalire ad età non posteriore al sec. VIII O IX, ossia deve risalire ad un' epoca nella quale non è possibile pensare all' esistenza di prose scientifiche in persiano propriamente detto, cioè in persiano moderno. È necessario dunque concludere che quella lingua farisiyyah sia il pehlevico; ed allora è necessario anche ammettere che il testo "persiano" non sia posteriore al sec. vII d. Cr., essendo da escludere che dopo di esso, ossia mezzo secolo dopo la conquista araba della Persia, si pensasse ancora a tradurre in pehlevico testi profani greci'.

Questa origine pehlevica ci dà la chiave per comprendere come sia accaduta la trasformazione araba del nome Scolastico (Exolaσтikós "avvocato"). Il nome Cassiano (Kaoolavós) è stato ridotto dagli Arabi a m3 Quṣṭūs

-Qastatus), in seguito a cor قسطوطس Festus فسطوس .varr)

ruzione grafica di Qasyānūs favorita da confusione con il nome cristiano Qusṭā (diffuso tra Arabi cristiani)' e con quello del medico greco Festo, noto agli eruditi arabi3. Quindi di solito il nome dell' autore dei Geoponica è Qusţūs ar-Rūmī. Ma talvolta a Qusṭūs si trova aggiunto ibn... ("figlio di..."), e, al posto dei miei puntini, un nome variamente corrotto, cioè:

1 Cfr. le considerazioni di Th. Nöldeke, Beitr. z. Gesch. des Alexanderromans, p. 17.

2 Appunto per confusione con il notissimo scrittore e traduttore arabocristiano Qustă ibn Luqa al-Ba'labakki (sec. Ix Cr.), il frontispizio posto dallo stampatore all' ed. Cairo dà come autore dell' Agricoltura Qusṭūs ibn Lüqă. Per analogo errore HH, .c., pone Qusță ibn Luqa al-Baʻlabakki fra i traduttori arabi dell' "Agricoltura greco-bizantina."

3

Il nome Cassiano era famigliare presso i Siri, i quali lo scrivono mo, limo, m0100, 0010 (Kooσiavós); quindi la corruzione am3 non può essere nata nella scrittura siriaca.

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Il Ruska, Cassianus, pp. 176–177, conoscendo solo le forme date dai 2 mss. di Leida, affermò giustamente che questo presunto nome del padre di Cassiano era null' altro che la trascrizione dell' epiteto ExoλaσTikós "avvocato "; ma suppose che la forma fondamentale fosse (senza punti

,(islastikya اسکولاستیکی da correggere in اسکوراسكما diacritici

e concluse: "Sie weist auf eine syrische Vorlage hin, die gelautet haben mag-bei Payne-Smith sind andere Transkriptionen gegeben-und scheint damit zugleich für eine ältere syrische Uebersetzung zu zeugen.

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L'ipotesi del Ruska urta contro parecchie difficoltà. Prima di tutto essa sostituisce arbitrariamente lă al ră attestato unanimemente da tutte le varianti. In secondo luogo essa prende come base la forma terminante in, che si trova una sola volta nel solo ms. B di Leida, mentre tutte le altre numerose volte la finale è a. In terzo luogo suppone che il presunto originale siriaco avesse reso σχολαστικός, ben noto ai Siri, aggiungendovi la desinenza -āyā degli aggettivi relativi; cosa inverosimile'; e suppone anche (cosa non meno inverosimile) che il traduttore arabo, anziché renderla con la corrispondente desinenza araba -ī, l' avesse conservata meccanicamente, scrivendola -ya. Infine, per giustificare il secondo arabo (k), il Ruska è costretto a supporre un impossibile (k) siriaco per il greco κ, ed inoltre a pensare che il greco fosse stato trascritto in siriaco con 2 (t, arabo anziché con (t, arabo b). E

)

sarebbe anche poco probabile che un antico traduttore arabo

1 Soltanto nei titoli di ciascuna delle 12 sezioni (ģuz').

* Soltanto a pag. 19, nel titolo della sez. 11.

6 Nel titolo delle sez. III e IV.

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Solo nel titolo della sez. III (Ruska, Cassianus, p. 176). 4 Solo nel titolo della sez. iv (Ruska, .c.). 5 Nella breve introduzione. 7 Il vocabolo oxoλaσrikos nel senso di "avvocato era famigliare ai Siri, che lo adoperavano di solito nella forma eskōlisṭīgā (con) od eskõlastīgā (con ; solo eccezionalmente con 2). Occorre appena ricordare le norme costanti seguite dai Siri nel trascrivere i vocaboli greci : x = − (k, k"), × = ~ (g), T = ↓ (t), 0 = 2 (t, t^).

8 Cfr. la nota precedente.

dal siriaco avesse introdotto, in un caso come questo, la parola ibn "figlio di..." fra i due nomi propri.

La misteriosa forma araba si spiega invece assai bene se si suppone ch' essa derivi da un originale pehlevico, ove la straordinaria ambiguità della scrittura doveva rendere impossibile il leggere con sicurezza nomi propri stranieri1. Siccome x e diventano entrambi k nelle trascrizioni Χ pehleviche, oxoλaστikós doveva essere trascritto regolarmente Skōlāstīkōs „19› ‹s 1920 ove si può leggere la e rã, si può leggere v, n, ū, ō, u, ed s si può confondere cona (iniziale), ā (media), h. Si comprende quindi facilmente che il traduttore arabo potesse leggere Skūrāstiknh e quindi scrivere in caratteri arabi, secondo le norme fonetiche arabe, a Iskūrāstīkinah.

Anche l' inserzione di ibn "figlio di..." tra i due nomi si spiega assai bene con la doppia funzione del pehlevico ¿ (»), che si adopera tanto per unire l' aggettivo messo in apposizione al sostantivo (come sarebbe stato il caso del greco Kaooiavos oxolaσTIKós), quanto per esprimere "figlio di..." nelle serie genealogiche. Il traduttore arabo l' interpretò nel secondo senso, e così si ebbe Cassiano "figlio di Iskūrāstīkinah," che, divulgato dalla redazione araba B

1 Basti ricordare, p. es., che l'illustre pehlevista E. W. West, nel tradurre le epistole di Mānūsčihar (11, ii, 9-11), aveva parlato di tavole astronomiche (zīk) di Satvâharân, Avênak e Padramgos, e solo più tardi (Pahlavi Texts, vol. IV [= The Sacred Books of the East, vol. xxxvii], pp. xlvi-xlvii), si accorse che la vera lettura sarebbe stata: Shatro-ayârân, Hinduk, Ptolemêôs. A proposito di questo ultimo nome mi sia permesso osservare che la lettura Ptolemêôs, basata sul greco IIтoλeμaîos, non sembra esatta, poiché la trascrizione pehlevica, che non indica mai la a breve, avrebbe certamente indicato la prima o e la prima e della parola, se l'avesse

presa dal greco. Invece il pehlevico ha

che si può leggere

Pdrmgōs oppure Ptlmyūs; sicché il nome sembra derivare dalla forma araba Baṭlamyūs, nel qual caso rimarrebbe escluso che il sacerdote zoroastriano Mānūsčīhar, ca. 880 d. Cr., usasse le tavole di Tolomeo in greco od in una traduzione pehlevica dal greco.-Per il zīk-i-šatroayārān cfr. la mia nota ad al-Battānī, Opus astronomicum, Mediolani Insubrum 1899-1907, vol. 1, p. 218, n. 4.

2 E noto che simili equivoci sono frequenti negli scrittori arabi a proposito di nomi propri pehlevici nei quali la i è semplice unione grammaticale del nome di persona con l' aggettivo patronimico. P. es. in al-Ġāḥiz e nel libro di Kalilah e Dimnah il famoso ministro sāsānide Buzurgmihr-i-Buhtakān ("B. il discendente di Buḥtak") è chiamato

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