S. B. II. S. 123. Unter reinen Gedichten find fies benzehn Llegieen befindlich, die schon in der Absicht merks würdig find, daß sie die ersten in italianischer Sprache waren. Zur Versart wählte Uriost die terze rime, die auch, ihrer Freiheit und ihrer wohlflingenden Verbindung und Folge wegen, sehr bequem für diese Gattung sind. Crescembeni erklärt, dieses Umftands halber, die ariostischen Elegieen für capitoli; allein ihr Inhalt, der am Ende doch bier allein ents scheidet, ift größtentheils vdlig elegisch, und ihr sanftes, oft schwermüthiges, Kolorit, verbunden mit einer sehr glücks lichen, harmonischen , oft petrarchischen Sprache, giebt ihs nen unter den kleinern Arbeiten dieses Dichters einen sehen vorzüglichen Werth. O Lieta piaggia, o solitaria valle, Occulto monticel che mi difendi L'ardente fol con le tue ombrose spalle. Nel bel pratel tra le fiorite fponde, E dolce ad ascoltar mormorio rendi, Tra queste piante, o se invisibil nuota Leggiadra Ninfa tra le gelid'onde, O contemplando sta l'alma beltade D'alcuna Diva a'mortal'occhj ignota, O tener' erbe, o ben nudriti fiori Da tepid' aure e liquide rugiade, Virgulti, Sterpi, o f'altro qui si trova Para 2riosto. Parlare anzi doler con voi mi giova, Chè come al vecchio gaudio, testimonj Mi fiate ancora alla mestizia nova. Ma pria che del mio male alto ragioni, Dirè ch' io fia, quantunque de' miei accenti Vi devrei effer noto a i primi fuoni, Ch' io soleva i pensier lieti e contenti Narrarvi, e mi risposero più volte I cavi fasli alle parole attenti. Pene ainorose si m'abbiano afflitto; Che le prime sembianze me fian tolte. Io son quel che folea dovunque a dritto Arbor vedeva o Tufo alcun menduro, Della mia Dea lasciarvi'l nome scritto: Io son quel che folea tanto sicuro Già vantarmi con voi che felic'era: Ignaro ahimè del mio Deftin futuro! Sio porto chiusa la mia doglia fiera; Morir mi sento: f'io ne parlo; acquisto Nome di Donna ingrata a quell' Altiera. Per non morir rivelo il mio cor tristo, Ma solo a voi che in gli altri casi miei Sempre mai fidi Secretarj à visto. Quel ch'a voi dico ad altri non direi, Jo credo ben, che resteran con vui Come già i buoni, or gli accidenti reia Quella ohimè quella ohimè da cui Con tant' alto principio di mercede Tra i più beati al Ciel levato io fui, Che di fervente amor di pura fede Di strettissimo nodo da non sciorse Se non per morte mai, speme mi diede; Non m’ama più nè prezza, et odia forse Esdegno e duol credo che il cor le punga Che ad essermi cortese unqua si torse: D'una notte intermella, et ora ahi lasso Ariosto. a a e Nè si scus'ella, che non m'apra il passo Perchè non posla, ma perchè non vuole, E qui fi ferma, ed io fupplico a un fafio. Atturarsi le orecchie, acciò placarse Non poffa per dolcezza di parole. Dell' amorose lotte e a'dolci furti Le dolci notti a ritornar lon scarse; Miei vital spirti son spesso da morte, Mi niega o dammi a forza secchi e curti, Si ftudian che di lor men fruir posla Då, per fveller la speme di cui vivo, Per cui morrò, se fia da me rimossa. prezzar non abbia a schivo, Di voi, non vi crediate : più mi spiace Che questo troppo il vostro nome infami, Rotto abbia o sciolto il vostro amor fugace: Deveva in ogni caso, ma più in questo. Ne dopo il fatto il consigliarfi à luogo; E sebben d'ogni tempo, or non potea Se non molto parermi acre e molesto; Esfer d'ingratitudine; fe tanta Servitù senza premio si perdea, lo fento per memoria di quei frutti E me e per voi L'er. Uriosto. L'esserne privo causa maggior lutti Poi ch' io n'd fatto il faggio, che non fora Se avuti ognor n'avessi i labbri asciutti. D'ingrata e di crudel dar notà allora lo vi potea: d'ingrata e di crudele; Ma di più dar di perfida pofl'ora. Or queste fiano l'ultime querele Ch' io ne faccia ad altrui, non men segreto Vi sarò, ch' io vi sia stato fedele. O'nominato, per Dio, quanto io dico M e n z i ni. mienzini. S. B. II. S. 135. Gm zweiten Bande feiner Wers ke (Venez. 1769. 4 Voll. 12.) stehen gleichfalls siebenzehn Llegieen, unter welchen die nachfolgende die zweite ift. Sie waren ehedem einzeln abgeðruckt, und mit einer besondern Vorrede begleitet, worin er sich den wahren elegischen Chas pafter getroffen zu haben schmeichelt. Im Sangen ist ihnen auch wohl dieß Verdienst nicht abzusprechen, obgleich der Dichter darin zu sehr bei Einem Gedanken zu verweisen, und doch nicht immer fruchtbar und erfindungsreich, vielleicht auch nicht gefühlvoll genug, gewesen zu seyn scheint, um Ers můdung und Einförmigkeit zu vermeiden. Sarei gran tempo in Mar crudele afforto |