صور الصفحة
PDF
النشر الإلكتروني
[ocr errors]

Questa membranza, Amor, tanto mi piace E si l'ho immaginata (1),

Ch'io veggio sempre quel ch'io vidi allora;
Ma dir non lo potria; tanto m'accora,
Che sol mi si è posata

Entro alla mente: però mi do pace (a),
Che'l verace colore

Chiarir non si potria per mie parole:
Amor (come si suole) (b)

Dil tu per me, là ov'io son servitore.
Ben deggio sempre, Amore,
Rendere a te onor, poichè 'l desire
Mi desti d'ubbidire (c)

A quella donna ch'è di tal valore.

BALLATA VIII.

Fresca rosa novella,
Piacente (2) Primavera,
Per prata e per rivera,
Gaiamante cantando,

Vostro fin presio (3) mando alla verdura.
Lo vostro presio fino
In gio' (4) si rinnovelli
Da grandi e da zittelli,
Per ciascuno cammino;
E cantinne gli augelli
Ciascuno in suo latino (5)
Da sera e da mattino
Sulli verdi arbuscelli:
Tutto lo mondo canti,

Poichè lo tempo vene,

Siccome si convene,
Vostra altezza presiata,

Che sete angelicata criatura (6).
Angelica sembianza
In voi, Donna, riposa:
Dio, quanto avventurosa
Fu la mia disianza!
Vostra cera (7) gioiosa,
Poichè passa ed avanza
Natura e costumanza,
Bene è mirabil cosa:
Fra lor le donne dea
Vi chiaman, come sete;
Tanto adorna parete,
Ch'io nol saccio contare;

E chi porria pensare oltr'a natura?

Oltra natura umana
Vostra fina piacenza (8)
Fece Dio per essenza,
Chè voi foste sovrana;
Perchè vostra parvenza (9)
Ver me non sia lontana;
Or non mi sia villana

[blocks in formation]

| La dolce provvedenza:
E se vi pare oltraggio,
Ch' ad amarvi sia dato,
Non sia da voi biasmato;
Chè solo Amor mi sforza,
Contra cui non val forza ně misura.

BALLATA IX.

Deh nuvoletta, che'n ombra d'Amore
Negli occhi miei di subito apparisti,
Abbi pietà del cor che tu feristi,
Che spera in te, e desiando muore..

Tu nuveletta, in forma più che umana,
Foco mettesti dentro alla mia mente
Col tuo parlar ch' ancide,

Poi con atto di spirito cocente
Creasti speme, che'n parte mi è sana,
Laddove tu mi ride:

Deh non guardare, perchè a lei mi fide,
Ma drizza gli occhi al gran disio che m' arde,
Che mille donne già, per esser tarde,
Sentito han pena dell' altrui dolore.

BALLATA X.

Donne, io non so di che mi preghi Amore, Ched ei m'ancide, e la morte m'è dura; E di sentirlo meno ho più paura.

Nel mezzo della mia mente risplende
Un lume da' begli occhi, ond' io son vago,
Che l'anima contenta,

Vero è ch'ad or ad or d'ivi discende
Una saetta che m'asciuga un lago,

Dal cor pria che sia spenta.

Ciò face Amor, qual volta mi rammenta

La dolce mano e quella fede pura,
Che dovria la mia vita far sicura.

BALLATA XI.

Voi che sapete ragionar d'Amore, Udite la ballata mia pietosa, Che parla d'una donna disdegnosa, La qual m'ha tolto il cor per suo valore. Tanto disdegna qualunque la mira, Che fa chinare gli occhi per paura; Chè d'intorno da' suoi sempre si gira D'ogni crudelitate una pintura, Ma dentro portan la dolce figura, Ch'all'anima gentil fa dir: mercede; Si virtuosa, che quando si vede, Trae li sospiri altrui fora del core.

Par ch'ella dica: io non sarò umile Verso d'alcun che negli occhi mi guardi; Ch'io ci porto entro quel Signor gentile, Che m'ha fatto sentir degli suoi dardi:

[blocks in formation]

E certo io credo che così gli guardi,
Per vederli per sè, quando le piace:
A quella guisa donna retta face,
Quando si mira per volere onore.

Io non spero che mai per la pietate
Degnasse di guardare un poco altrui;
Così è fera donna in sua beltate
Questa che sente Amor negli occhi sui;
Ma quanto vuol nasconda, e guardi lui,
Ch'io non veggia talor tanta salute;
Perocchè i miei desiri avran virtute
Contra il disdegno che mi dà Amore.

BALLATA XII.

Quando il consiglio degli augei si tenne, Di nicistà (1) convenne,

Che ciascun comparisse a tal novella;
E la cornacchia maliziosa e fella
Pensò mutar gonnella,

E da molti altri augei accattò penne:
Ed adornossi, e nel consiglio venne:
Ma poco si sostenne,

Perchè pareva sopra gli altri bella.
Alcun domandò l'altro: chi è quella?
Sicchè finalment' ella

Fu conosciuta: or odi che n'avvenne.

Che tutti gli altri augei le fur d'intorno; Sicchè senza soggiorno (2)

La pelar sì, ch'ella rimase ignuda;
El'un dicea: or vedi bella druda;
Dicea l'altro: ella muda (3);

E così la lasciaro in grande scorno.
Similemente addivien tutto giorno
D'uomo che si fa adorno

Di fama o di virtù, ch'altrui dischiuda;
Che spesse volte suda

Dell'altrui caldo, talche poi agghiaccia:
Dunque beato chi per sè procaccia.

(1) Contrazione di nicissità. (2) Senza indugio.

(3) Ella muta, rinnuova le penne.

BALLATA XII..

Madonna, quel Signor, che voi portate Negli occhi tal che vince ogni possanza, Mi dona sicuranza

Che voi sarete amica di pietate.

Però che là dov' ei fa dimoranza,
Ed ha in compagnia molta beltate,
Tragge tutta bontate

A sè, come a principio che ha possanza:
Ond'io conforto sempre mia speranza,
La qual'è stata tanto combattuta,
Che sarebbe perduta,

Se non fosse che Amore

Contr'ogni avversità le dà valore
Con la sua vista, e con la rimembranza
Del dolce loco, e del soave fiore;
Che di nuovo colore
Cerco la mente mia,

Mercè di vostra dolce cortesia.

BALLATA XIV.

Per una ghirlandetta Ch'io vidi, mi farà Sospirare ogni fiore.

Vidi a voi, Donna, portare
Ghirlandetta di fior gentile,
E sovra lei vidi volare
Angiol d'Amore umile,
E nel suo cantar sottile
Diceva: chi mi vedrà,
Lauderà il mio Signore.
S' io sarò là dove sia
Fioretta mia bella e gentile,
Allor dirò alla donna mia,
Che porta in testa i miei suspiri;
Ma per crescere i desiri
Una donna ci verrà
Coronata dall' Amore.

Le parole mie novelle,
Che di fior fatto han ballata,
Per leggiadria ci han tolt' elle
Una veste ch'altrui fu data:
Però ne siate pregata,
Qual uom la canterà,
Che a lui facciate onore.

SONETTI

OHOKO

SONETTO I.

A ciascun'alma presa (1), e gentil core,
Nel cui cospetto viene il dir presente,
In ciò che mi riscrivan suo parvente (2),
Salute in lor Signor, cioè Amore.

Già eran quasi ch' atterzate l' ore
Del tempo ch'ogni stella è più (a) lucente,
Quando m' apparve Amor subitamente,
Cui essenza membrar mi dà orrore.

Allegro mi sembrava Amor, tenendo
Mio core in mano, e nelle braccia a vea
Madonna, involta (b) in un drappo dormendo.
Poi la svegliava, e d'esto core ardendo
Lei (c) paventosa umilmente pascea;
Appresso gir lo ne vedea piangendo.

SONETTO II.

Piangete, amanti, poichè piange Amore,
Udendo qual cagion lui fa plorare;
Amor sente a pietà donne chiamare,
Mostrando amaro duol per gli occhi fore.

Perchè villana morte in gentil core
Ha messo il suo crudele adoperare,
Guastando ciò, ch' al mondo è da lodare
In gentil donna, fuora (d) dello onore.

Udite, quant' Amor le fece (e) orranza (3);
Ch'io'l vidi (f) lamentare in forma vera
Sovra la morta immagine avvenente;

E riguardava (g) in ver lo Ciel sovente,
Ove l'alma gentil già locata era,
Che donna fu di sì gaia sembianza (h).

[blocks in formation]

E sospirando pensoso venia,
Per non veder la gente, a capo chino.
Quando mi vide, mi chiamò per nome,
E disse: io vegno di lontana parte,
Ov'era lo tuo cor per mio volere;

E recolo a servir nuovo piacere (4).
Allora presi di (1) lui si gran parte,
Ch'egli disparve (m), e non m'accorsi come.

SONETTO IV.

Tutti li miei pensier parlan d'Amore, Ed hanno in lor sì gran varietate, Ch' altro mi fa voler sua potestate, Altro folle ragiona il suo valore;

Altro sperando m'apporta dolzore (5), Altro pianger mi fa spesse fiate; E sol s'accordano in chieder pietate, Tremando di paura, ch'è nel core.

Ond' io non so, da qual materia prenda: E vorrei dire, e non so ch'io mi dica: Così mi trovo in amorosa (n) erranza.

E se con tutti vo' fare accordanza, Convenemi chiamar la mia nimica, Madonna la Pietà, che mi difenda.

SONETTO V.

Coll'altre donne mia vista gabbate, E non pensate, donna, onde si mova, Ch' io vi rassembri sì figura nova, Quando riguardo la vostra beltate.

Se lo saveste, non porria pietate
Tener più contra me (o) l'usata prova;
Ch' Amor quando (p) si presso a voi mi trova,
Prende baldanza, e tanta sicurtate,

Che fiere (q) tra' miei spirti paurosi,
E quale ancide, e qual caccia (r) di fora,
Sicch' ei solo rimane (s) a veder vui;

Ond' io mi cangio in figura d'altrui,
Ma non sì, ch' io non senta bene allora
Gli guai de' discacciati (t) tormentosi.
(t) degli scacciati

mango

[blocks in formation]

SONETTO VI.

Ciò, che m'incontra nella mente, more,
Quando vengo (a) a veder voi, bella gioia;
E quand' io vi son presso (b), sento Amore,
Che dice: fuggi, se'l perir t'è noia (c):

Lo viso mostra lo color del core,
Che (d) tramortendo, dovunque s'appoia (1),
E per l'ebrietà del gran tremore
Le pietre par che gridin: moia, moia.

Peccato face (e) chi allora mi vede (f), Se l'alma sbigottita non conforta, Sol dimostrando, che di me gli doglia, Per la pietà, che'l vostro gabbo avvede(2)(g), La (h) qual si cria nella vista morta Degli occhi, ch' hanno di lor morte voglia.

SONETTO VII.

Spesse fiate venemi (i) alla mente L'oscura (k) qualità, ch' Amor mi dona; E vienmene pietà sì, che sovente I'dico: lassol avvien' egli a persona?

Ch' Amor m'assale subitamente (3) (1), Si che la vita (m) quasi m'abbandona: Campami un spirto (n) vivo solamente, E quel (o) riman, perchè di voi ragiona.

Poscia mi sforzo, chè mi voglio atare; E così smorto, e d'ogni valor voto, Vegno a vedervi, credendo guarire:

E se io levo gli occhi per guardare, Nel cor mi s'incomincia (p) un terremoto, Che fa da' polsi l'anima partire.

SONETTO VIII.

Amore e'l cor gentil sono una cosa, Siccome il Saggio in suo dittato pone: E così senza l'un l'altro esser osa (q), Com'alma razional senza ragione.

Fagli natura, quand'è amorosa, Amor per sire, el cor (r) per sua magione, Dentro allo (s) qual dormendo si riposa (t), Talvolta brieve (u), e tal lunga stagione.

Beltate appare in saggia donna pui
Che piace agli occhi, sì che dentro al core
Nasce un desio della cosa piacente:

E tanto dura talora in costui,
Che fa svegliar lo spirito d'Amore:
E simil face in donna uomo valente.

io

(a) vegno (b) E quando vi son presso, (c) se'l partir le noia (d) Ch'è (c) fa (f) vide (g) uccide (h) Lo (i) vegnonmi (k) L'oscure (1) si subitamente (m) Che la mia vita (n) Campi uno spirto (o) E che - E quei (P) mi si comincia (q) E cosi esser l'un senza l'altr'osa_(r) A(8) alla (t) Dentro

mor pregiar il cor alla quale dormendo si posa (u) poca-poco (v) Ed ogni (1) Aitatemi voi, donne

(y) laudato (z) di pietà si umile — di pietra simile (aa) vostra (bb) Bagnar nel viso suo di pianto Amore (cc) che mel dice

SONETTO IX.

Negli occhi porta la mia donna Amore;
Per che si fa gentil ciò ch'ella mira:
Ove ella passa, ogni uom ver lei si gira,
E cui saluta, fa tremar lo core.

Sicchè bassando'l viso tutto smore (4),
E d'ogni (v) suo difetto allor sospira (5):
Fugge dinanzi a lei superbia ed ira.
Aiutatemi, donne (x), a farle onore.

Ogni dolcezza, ogni pensiero umile Nasce nel core a chi parlar la sente, Onde è beato (y) chi prima la vide.

Quel, ch'ella par, quando un poco sorride, Non si può dicer, nè tenere a mente, Si è nuovo miracolo e gentile.

SONETTO X.

Voi, che portate la sembianza umile,
Con gli occhi bassi mostrando dolore,
Onde venite, chè'l vostro colore
Par divenuto di pietà simile (z)?

Vedeste voi nostra (aa) donna gentile
Bagnata il viso di pietà d'Amore (bb)?
Ditelmi, donne, che'l mi dice (cc) il core;
Perch' io vi veggio andar sanza atto vile.
E se venite da tanta pietate,
Piacciavi di restar (dd) qui meco alquanto;
E checchè sia di lei, nol mi celate (ee):
Ch'io veggio (ff) gli occhi vostri ch' hanno
E veggiovi venir (gg) si sfigurate, (pianto,
Che'l cor mi trema di vederne tanto.

SONETTO XI.

Se'tu colui, ch'hai trattato sovente Di nostra donna, sol parlando a nui? Tu rassomigli (hh) alla voce ben lui; Ma la figura ne par (ii) d'altra gente.

E (kk) perchè piangi tu si coralmente (6), Che fai di te pietà venire altrui? Vedestù pianger lei, chè tu non pui Punto celar la dolorosa mente?

Lascia piangere (11) a noi, e triste andare: E'fa peccato chi mai ne conforta, Chè nel suo pianto l'udimmo parlare.

Ella ha nel viso la pietà si scorta, Che qual l'avesse voluta (mm) mirare, Saria dinanzi a lei caduta (nn) morta.

[blocks in formation]

SONETTO XII.

Io mi senti' svegliar dentro allo (a) core
Uno spirito amoroso, che dormia;
F poi vidi venir da lungi (b) Amore,
Allegro sì, ch'appena il conoscia;

Dicendo: or pensa pur di farmi onore;
E'n ciascuna (c) parola sua ridia:
E, poco stando, meco 'l mio (d) signore
Guardando in quella parte, onde (e) venia,

I'vidi mona Vanna e mona Bice
Venire in ver lo loco, là ov'io era (f),
L'una appresso dell'altra maraviglia:
E si come la mente mi ridice,
Amor mi disse: questa è Primavera,
E quella ha nome Amor; si mi somiglia.

SONETTO XIII.

Tanto gentile, e tanto onesta pare
La donna mia, quand' ella altrui saluta,
Ch'ogni lingua divien tremando muta,
E gli occhi non l'ardiscon (g) di guardare.
Ella sen va, sentendosi laudare,
Umilemente d'onestà (h) vestuta;
E par che sia una cosa venuta

Di cielo (i) in terra a miracol mostrare.
Mostrasi si piacente a chi la mira,
Che dà per gli occhi una dolcezza al core,
Che 'ntender non la può chi non la pruova.
E par, che dalla (k) sua labbia (1) si mova
Uno spirto (1) soave, pien d'amore,
Che va dicendo all'anima: sospira.

SONETTO XIV.

Vede perfettamente ogni salute
Chi la mia donna tra le donne vede:
Quelle, che van con lei, sono tenute
Di bella grazia a Dio render mercede.
E sua beltate è di tanta virtute,
Che nulla invidia all' altre ne procede,
Anzi le face andar seco vestute
Di gentilezza, d'amore e di fede.

La vista sua face ogni cosa umile,
E non fa sola sè parer piacente,
Ma ciascuna per lei (m) riceve onore.

Ed è negli atti suoi tanto gentile,
Che nessun la si può recare a mente,
Che non sospiri in dolcezza d'amore.

SONETTO XV.

Si lungamente m'ha tenuto Amore,
E costumato alla sua signoria,
Che si com'egli m'era (n) forte in pria,
Così mi sta soave ora nel core.

Però quando mi toglie si il valore,
Che gli spiriti par, che fuggan via,
Allor sente la frale anima mia
Tanta dolcezza, che 'l viso ne smore.

Poi prende Amore in me tanta virtute,
Che fa li miei sospiri gir (0) parlando;
Ed escon fuor chiamando

La donna mia, per darmi più salute:
Questo m'avviene, ovunque ella mi vede,
E si è cosa umil, che nol (p) si crede.

SONETTO XVI.

Venite a 'ntender li sospiri miei,
O cor gentili, chè pietà il desia;
Li quali sconsolati (q) vanno via,
E se non fosser, di dolor morrei.
Perocchè gli occhi mi sarebber rei
Molte fiate più, ch'io non vorria,
Lasso di pianger sì la donna mia,
Ch'io sfogherei lo cor (r) piangendo lei.
Voi udirete lor (s) chiamar sovente
La mia donna gentil, che se n'è gita
Al secol degno della sua virtute;

E dispregiar talora questa vita,
In persona dell'anima dolente,
Abbandonata dalla sua salute.

SONETTO XVII.

Era venuta nella mente mia
Quella donna gentil, cui piange Amore,
Entro quel punto, che lo suo valore
Vi trasse a riguardar quel, ch'io facia.
Amor che nella mente la sentia,
S'era svegliato nel distrutto core,
E diceva a'sospiri: andate fore;
Per che ciascun dolente se 'n partia (t).
Piangendo uscivan fuori del (u) mio petto,
Con una voce, che sovente mena
Le lagrime dogliose agli occhi tristi.
Maquelli,che n'uscian (v) con maggior pena,
Venien dicendo: o nobile intelletto,
Oggi fa l'anno che nel ciel salisti.

SONETTO XVIII.

Videro gli occhi miei, quanta pietate
Era apparita (x) in la vostra figura,
Quando guardaste gli atti e la statura,
Ch'io faccio pel (y) dolor molte fiate.

Allor m'accorsi che voi pensavate
La qualità della mia vita oscura;
Sicchè mi giunse nello cor (z) paura
Di dimostrar cogli (aa) occhi mia (bb) viltate.
E tolsimi dinanzi a voi, sentendo
Che si movean le lacrime dal core,

cor (s) lo (t) si partia
(u) fuor dello (v) Ma quei che
(x) venuta
(y) facia per
(aa) negli (bb) miçi

(a) dal (b) di lunge-da lunge - da lunga gir (p) non (q) Li quai disconsolati (r) Ch' (c) E ciascuna (d) me col mio (e) ove- affogherieno il ond' ei (f) ver loco-inverso il loco, dov'io-s' infartia era (g) non ardiscon (h) Benignamente d'u- n'uscian fuor miltà (i) Dal (k) delle (1) Un spirito (m) per (z) nel core (n) Che cosi come el m'era (0) Che fa gli spirti miei andar-Che i miei suspiri sento

(1) Faccia, volto.

« السابقةمتابعة »