صور الصفحة
PDF
النشر الإلكتروني

a ringiovanire le nostre coscienze, a ravvivare le nostre menti insterilite dal dommatismo teologico, impaludate nelle oziose contemplazioni d'oltre tomba.

E già accanto ad Alberto Magno sorge Ruggero Bacone, un frate dell' Ordine di S. Francesco, che è il più grande rivoluzionario del XIII secolo; che libera l' aristotelismo dalle sue esagerazioni, che lo studia nelle sue fonti originali, che proclama altamente il principio dell'esperienza e dell' osservazione, che profetizza la conquista che l'uomo farà delle forze della natura, e che allo studio della natura consacra tutto sè stesso e richiama gli altri, pronunziando quelle parole che paiono miracolo in quell' età: lasciamo in pace i volumi degli antichi, e studiamo invece il gran libro che sta sempre aperto davanti a tutti noi.

Il cammino che ha fatto il pensiero da Rabano Mauro a Bacone, vedete che è grande; e questo pensiero informa oramai di sè tutti gli ordini della vita. Lasciate pure che il frate inglese sia condannato (1278) da un legato del papa; lasciate anche che lo chiudano, come mago, in una tetra prigione: il suo spirito romperà le mura del carcere, sfuggirà dalle mani dei suoi persecutori, e dominerà i secoli.

La povera Provenza è invasa, saccheggiata, distrutta, ridotta al silenzio dalle armi papali; a Parigi si bruciano gli eretici, si disseppelliscono i morti per gettarli sul rogo, si danno alle fiamme

i libri di David de Dinant, di Scoto Erigene, di Aristotile stesso;1 Roberto de Courson legato pontificio proibisce la lettura delle opere dello Stagirita. Sono sforzi inutili: i morti non si risuscitano. Il pensiero medievale è ormai nel sepolcro, non c'è potenza che possa dirgli: sorgi e cammina. Nel seno stesso di quella formidabile milizia formatasi a difesa del papato, si sono rivelati i forti campioni dell' avvenire: Alberto Magno è un domenicano, Bacone è un francescano. Nel seno stesso dell' ortodossia lampeggiano idee nuove, nuove passioni: il Vangelo Eterno dell'abate Giovacchino è l'opera di un visionario, ma è pure un sintomo dei tempi, un sintomo di quella irrequietezza che assale gli animi nei grandi passaggi da un'epoca all' altra.

C'è un uomo, del quale dovremo molto occuparci, che riassume tutto quel movimento d' idee, quell' agitarsi di spiriti, quel cozzare di vecchi e nuovi elementi, onde s'informa il XIII secolo; e che par messo là, tra due mondi, per dire all'uno: finisci; all' altro: incomincia. Misurate la distanza che corre da Carlomagno a Federigo II; a quel Federigo che guarda in faccia senza paura il tiranno delle anime; che legge, sorridendo di disprezzo, le scomuniche del terribile Gregorio ; che alla Bibbia del prete minaccia di contrapporre la Bibbia del laico; che vive di amore e di

1 Martin, Hist. Fr., IV, 57.
2 Ivi, 58.

BARTOLI. - St. della Letterat. Ital.

Vol. I.

17

258

CAPITOLO VII LE ENCICLOPEDIE

guerra, di poesia e di scienza; che ha il riso sapiente del razionalista, e il forte pensiero dell'uomo di Stato; che serve di anello tra l'Oriente e l'Occidente; che fa tradurre Tolomeo ed Aristotile, mentre intende a migliorare e a raccogliere le proprie leggi; che protegge i dotti; che fa della sua corte un Parnaso, che proclama la libertà dei culti; che emancipa i servi; che apre delle grandi biblioteche; che fonda l'Università di Napoli; che protegge la Scuola di Salerno; che insomma personifica in sè tutte le nuove idee, che saranno poi la gloria e la forza delle età successive!

Ma prima che noi possiamo parlare di proposito di Federigo II, occorre che andiamo ancora raccogliendo altri indizii, altri fatti dello svolgimento del pensiero umano: ed a questo appunto ora ci accingeremo.

CAPITOLO VIII

LA POESIA GOLIARDICA

259

Accanto alla lirica religiosa, alla moralizzazione ascetica, al mistero sacro, alla leggenda dei santi, noi troviamo nel medioevo anche un altro genere di composizioni, che sono l'antitesi di quelle: composizioni dove la vita ricomparisce colle sue gioie, coi suoi piaceri, col suo riso ora di spensierata allegrezza, ora di mordace ironia. Già, chi volesse, potrebbe in tempi molto antichi trovare vestigi di poesie, dove le cose della terra sono guardate con occhio affatto umano. Un codice del secolo x contiene un canto, del quale ecco alcuni brani:

Jam, dulcis amica, venito,

intra in cubiculum meum:
ibi sunt sedilia strata

1 Fu pubblicato prima dall' Haupt, Exempla poes. medii aevi, 29, e poi dal Du Méril nelle Poés. ant. au XIIme siècle, pag. 196.

et domus velis ornata,
floresque in domo sparguntur
herbaeque fragrantes miscentur

ibi sonant dulces symphoniae
inflantur et altius tibiae

non me juvat tantum convivium
quantum post dulce colloquium

jam nunc veni, soror electa,
et prae cunctis mihi dilecta,
lux meae clara pupillae,
parsque major animae meae

carissima, noli tardare,

studeamus nos nunc amare.

I fiori, la musica, il convito e l'amore: quattro cose belle riempiono l'anima di quest'uomo. E potremmo andare anche più in là; potremmo trovare nel secolo VII una descrizione dell'estate viva e pittoresca,1 e nell' xi un elegante elogio dell' usignolo e della primavera,2 e nel vii, o forse nel vi, un canto amatorio affatto pagano e probabilmente scritto in Italia. Ma non c'è bisogno di spigolare, quando un poco più tardi abbiamo davanti a noi l'abbondanza.

1 Cfr. Du Méril, Poés. pop. antér. ecc., p. 241.

2 Ivi, p. 278.

3 Fu pubbl. dal Niebuhr, Rheinisches Museum, III, 8. Comincia: O admirabile Veneris idolum

Cuius materiae nihil est frivolum...

« السابقةمتابعة »