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VABRES, Vabrae, Castrum Va

ABRES, Vabrae, Castrum Vabrense in Rutenis, Pagus Vabrensis, Va bra, Vabrincum, Vabrium. Città vesco. vile di Francia, della vice-prefettura di Saint-Affrique, parte orientale della Guienna, nell'antico paese di Rouergue, di cui Rhodez n'era la capitale, che trae il nome da'ruteni suoi antichi abitatori, e col quale si formò l'attuale dipartimento dell'A. veyron. Giace al confluente del fiumicello Dourdou e della Sorgues che si gettano un po'più basso nel Tarn. È piccola, ha quasi l'aspetto di villaggio, dopo la cessazione della residenza vescovile e le an teriori e successive politiche vicende. Tro vasi distante quasi 1 2 leghe al sud-sud-est da Rhodez sede del vescovato, alla cui diocesi ora appartiene, ed una lega soltanto al sud-ovest dalla città di Saint-Af. frique, che gode il primato del circondario non solamente perchè vi risiede il vice-prefetto, ma ancora per la sua popolazione e tribunali di 1." istanza e di com. mercio, deʼsuoi importanti lavoratorii di filatura, tessitura e tintura, suo spedale pubblico, e de'suoi stabilimenti d'istruzione e di carità, tra'quali si distingue il collegio Saint-Gabriel, recentemente costruito ed affidato ai pp. della compagnia di Gesù, il cui edifizio è riuscito uno de' più belli del mezzogiorno della Francia. Vabres non va confusa con Vabre vil laggio di Francia, nello stesso dipartimen. to dell'Aveyron, presso Mur-de-Barres, nè con altre 4 Vabres della stessa Francia, cioè 3 villaggi esistenti ne' diparti

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menti di Cantal, Gard, e Alta Loira, e il borgo di Vabres de Senegats dipartimento del Tarn. La città di Vabres ebbe origi ne da un' abbazia di benedettini fondata da Raimondo I conte di Tolosa, che re gnò dall'852 all'854, secondo la Gallia christiana, t. 4, p.1107: Vabrenses Episcopi et Comites; mentre il Dictionnaire universel di Aynés l'attribuisce erroneamente a Raimondo IIche regnò dal 918 al 923, come vado a provare. Però il paese di Roüergue ebbe de'conti ere. ditari indipendenti, di cui Ugo lo cedè nel 1167 ad Alfonso II re d'Aragona, ma nel 1258 s. Luigi IX lo riunì definitivamente alla corona di Francia. In Vabres hanno luogo 3 annue fiere, e conta circa 1000 abitanti, fra'quali fiorì qualche illustre che onorò la patria. L'abbazia e monastero dipendeva da s. Vittore di Marsiglia, cluniacense, esente e celebratissima; fu sotto l'invocazione di s. Maria, la chiesa in quella di s. Pietro principe degli Apostoli, divenne celebre e vi fiorirono cluniacensi di santa vita, della quale e del luogo scrisse (diversi da quelli, come avverte la Gallia christiana, ossia di Vabres di cui parla s.Gregorio diTours, Hist. I. 9, c. 9), s. Odone cluniacense nella vita di s. Geraldo (V.); poichè que. sto santo vi fece prosperare la monastica disciplina, e ne informò i nobili giovani, di cui amava prender cura e dirigere nella morale senza professare la vita religiosa, bensì la virtuosa e penitente, benchè conte ebarone d'Aurillac. E siccome egli

santamente morì nel 909, così la fonda zione dell'abbazia di Vabres devesi attribuire a Raimondo I. Commanville, Histoire de tous les Eveschez, dice Vabres nella Linguadoca, ma non sembra giusto nel civile, piuttosto nell'ecclesiastico perche fu suffraganea di due metropoli situate nella Linguadoca. Dice ancora, che l'abbazia di s. Agostino nel 1317 fu eretta in vescovato. Ecco di tutto la vera storia. Sotto il regno di Carlo I il Calvo, i normanni colle loro scorrerie sulle coste dell' Aquitania, avendo costretto molti monaci ad abbandonare i loro monasteri per sottrarsi alla schiavitù, Raimondo I conte di Tolosa si affrettò d'offrire ad Adagasio abbate benedettino di Pannat o Palmat nel Perigord, di cui conosceva il grande merito, un asilo per se ed i suoi a Vabres, che allora faceva parte de'suoi dominii. Quest'offerta fu fatta ed accetta ta nell'861, e l'anno seguente Raimondo lottenne dal detto re Carlo I la conferma del nuovo monastero e la speciale protezione della corte a favore di esso. Nel medesimo tempo cedette colla sua consorte Berthesia o Berthays, ad Adagasio, il quale avea già cominciato a costruire il mo nastero, le terre di Bias, Bedos, la Bessière, Broquiès, ed in seguito con molte altre donazioni accrebbero l'importanza dell'abbazia, e le quali sono mentovate in una bolla di Papa Pasquale II del 1116 di conferma. Dopo la morte del conte Raimondo I, uno de'suoi figli vestì l'abito monastico a Vabres. Adagasio ebbe anche la consolazione di vedere venire a met tersi sotto la sua direzione un santo religioso dell' abbazia di Conques, di nome Giorgio, ornato di scienza e di virtù,il quale dopo 15 auni fu fatto vescovo di Lodeve nell'877, dove morì pieno di meriti e in concetto di santità, e tuttora viene invocato qual pastore diletto a Dio ed agli uomini. Non molto dopo, cioè nell'899, s. Geraldo conte d' Aurillac, volendo stabilire un'abbazia nelle sue terre, mandò a Vabres alcuni giovani scelti tra le pri

me famiglie dell'Alvernia, acciocchè vi si formassero al vero spirito religioso. Quel fatto di s. Geraldo prova in che opinio. ne di santità era in quel tempo l'abbazia di Vabres. Però, come suole avvenire, il primitivo fervore poscia si raffreddò, e nel 1062 l'abbate Deusdedit si sottomise all'abbate di s. Vittore di Marsiglia, che vi mandò religiosi specchiatissimi e abili a rendere a Vabres la sua antica riputazione. Questo stato durò finchè Vabres venne elevata a sede vescovile colla bolla di Papa Giovanni XXII, Salvator noster, data in Avignone a'13 agosto 1317, Bull. Rom. t. 3, par. 2, p.153: Erectio Episcopatus Vabrensis,in cui si dice chiaramente, che la chiesa e monastero della Villa di Vabro del ss. Salvatore Ordinis s. Benedicti, l'esentava dall' abbazia di Marsiglia. Il Papa eresse Vabres in città, la chiesa del monastero in cattedrale,compose il capitolo regolare di monaci, con altri smembramenti della diocesi di Rhodez formò il vescovato Vabrensis, e l'assegnò in suffraganeo alla pur da lui istituita metropolitana di Tolosa, dalla quale passò poi sotto quella diBourges.Quindi nello stesso 1317 nominò 1. l'ultimo abbate fr. Pietro de Olargio, e gli assegnò per mensa episcopale 20,000 lire annue. 11 Chenu, Episcoporum Galliae chronologica historia, ritarda al 1320 l'elezione dell'abbate in vescovo, e conviene che morì nel 1329. Gli successe Raimondo de Olargio, il quale stabilì in Saint-Affrique una comunità di 40 sacerdoti, e fu amico del celebre fr. Teodato de Gozon gran maestro gerosolimilano e nalo nelle vicinanze di Vabres. Morto nel 1347, indi e nell'istesso anno lo fu Guido deʼsignori di Ventadour, morto nel 1351. Poi da Clermont vi fu trasferito Pietro d' Agrifoglio, fratello del vescovo di Rhodes. Nel 1353 Bertrando de Pebrach già 1. priore di Ventadour, e poi di s. Martino de Campi di Parigi. Gli successe il cardinal Guglielmo Bragose (V.), morto in Roma nel 1 367 01369 e sepolto

vescovo

in s. Lorenzo in Lucina suo titolo, a cui lasciò la sua eredità, in pentimento degli improperii e imprecazioni scagliate contro Urbano V, sdegnato per aver questi ri parato alla stravaganza deʼsuoi predeces sori stabilitisi in Avignone, nell'abbandonarla per restituire a Roma la residenza pontificia; gloria che però conseguì il suc cessore Gregorio XI.Il vescovo Stefano de Vassignac, mandò un deputato al famo so Sinodo di Pisa nel 1 409, e terminò di vivere nel 1412. Guglielmo de Bastidos morì nel 1421. Da Berito a' 20 giugno 1452 vi fu trasferito Giovanni Petri, e nello stesso giorno del 1453 gli successe Bernardo Bianchi morto nel 1485. Nel seguente Antonio Pietro di Narbona de' baroni di Taleyrand, eletto da' canonici di comune consenso, già monaco abbate commendatario di Grandeselva e Fontefreddo, nella cui chiesa di s. Maria fu tumulato nel 1509. Gli successe il fratello Lodo vico di Narbona, com'esso abbate di detta badia, ed egualmente col suffragio di tutto il capitolo: costruì l'episcopio e il coro della cattedrale, la quale abbelli e arricchì di preziosi vasi e ornamenti, e per molti altri benefizi lasciò preclara la sua memoria, passando di vita nel 1519. In virtù del concordato tra Leone X e Francesco I, quest'ultimo nominò vescovo di Vabres, Reginaldo di Martigny, fratello del vescovo di Castres; nel 1528 intervenne alla solenne assemblea tenuta innanzi al re, e morì in Montpellier nel 1536. Il re gli sostituì Giorgio d'Armagnac (V.) suo oratore a' veneti e vescovo di Rhodez,da Paolo III dichiarato per petuo amministratore di Vabres e creato poi cardinale. Per altre chiese lasciò questa, che per sua rassegna nel 1560 col veScovato di Rhodez fu conferita a Giacomo de Corneilhan di lui nipote, il quale mostrò un gran zelo contro la propagazione del calvinismo, e pubblicò due opere di pietà che a tempo suo furono molto celebri. Nel 1565, col consenso del cardinale, Giacomo rassegnò la sede di Va

bres a Francesco I de la Vallette Cornusson nobile di Cahors, fratello di Giovanni gran maestro di Malta, isola che contro i turchi avea così strenuamente difesa, che Pio IV, se non moriva, erasi proposto crearlo cardinale. Trovasi nominato nel concilio di Trento, non che v'intervenne come pretende Chenu, ed a suo tempo Gregorio XIII secolarizzò il capitolo che ancor era regolare monastico nel 1577. Mentre tutto il territorio della sua diocesi era in preda alle guerre suscitate dagli ugonotti, gli sarebbe stato facile di ottenere delle truppe da suo padre siniscalco di Tolosa, ma qual degno mini. stro del Signore non volle mai ricorrere a mezzi violenti, ed in sì calamitosi tempi la carità, la dolcezza, una sincera divozione furono la sua lodevole condotta. Soltanto quando vide il disordine giunto all'estremo, si ritirò nel castello di SaintIzaire, dove fu assediato da' calvinisti, i quali però furono dispersi da'cattolici accorsi per difendere il loro vescovo. Que sti con somministrare per tempo de' cavalli alla badessa e monache di Nonenque, ebbe la consolazione di metterle in sicuro, prima che giungessero i calvinisti, che distrussero e ridussero in cenere quell'antica abbazia. Gli successe Tommaso de Lauro. Nel 160o ne fu consagrato vescovo Francesco II de la Vallette Cornusson abbate di Moissac nella diocesi di Cahors, e pronipote del precedente Francesco. Affidò il santuario di Notra Signora d'Orient,celebre pel gran con. corso di popolo e pe'miracoli che vi si operavano, a'cappuccini che vi fecero un bene immenso, e ridussero nel seno della vera Chiesa molti protestanti. Nel 1614 intervenne in Parigi all'assemblea del clero gallicano, e morì nel 1618. Ne occupò la sede il nipote e coadiutore Francesco III de la Vallette, fratello del signore di Cornusson e di Parisot, siniscalco di Tolosa e d'Alby, ch'era vescovo in partibus di Filadelfia: nel 1641 si recò a' comizi del clero gallicano in Medontae, e morì

fu sostituito Lodovico de Baradat, già co-
nosciuto peʼsuoi dotti scritti in prosa e
poesia, ed oratore sagro molto eloquen-
te. A suo tempo, il Papa Innocenzo XI
colla bolla Triumphans Pastor aeter-
nus,
nus, de'3 ottobre 1678, Bull. Rom. t. 8,
p. 61, elevò ad arcivescovile la chiesa
d'Alby, e le assegnò per vescovati suf-
fraganei diversi di quelli dismembrati
dalla metropoli di Bourges, fra' quali
questo di Vabres. I suoi due ultimi ve
scovi seguenti sono registrati anche nel-
le Notizie di Roma. Clemente XI nel
1710 preconizzò Carlo Alessandro le Fil-
leul de la Chapelle, della diocesi di Li-
sieux, che i suoi talenti e le sue virtù fe-
cero eleggere più volte deputato della
provincia ecclesiastica d'Alby all'assem

nel 1645.In questo gli fu sostituito Isacco Habert diParigi,canonico teologo di quel Ja chiesa e regio predicatore; intervenne nel 1650 all'assemblea del clero in detta città, lodato per dottrina e quale ornamen to dell'episcopato francese, avendo pubblicato diverse opere encomiate. Esse sono: 1. Tre Discorsi da lui pronunciati contro il famoso libro l'Augustinus di Gian senio. 2. Difesa della fede. 3. Traduzio ne latina del Pontificale della chiesa gre ca con lunghe note. 4. De justitia con• nubiali edicti, per provare che l'ordinan. ze di Luigi XIII sul matrimonio non so. no contrarie al concilio di Trento. 5. De consensu Hierarchiae et Monarchiae: fu tradotta in francese col titolo d'Unio ne della Chiesa collo Stato. 6. De Cathe dra, seu Primatu s. Petri. 7. Difesa del-blea generale del clero di Francia. Otla teologia de' Padri greci sulla Grazia. 8. Spiegazione dell'Epistole di s. Paolo a Timoteo, a Tito ed a Filemone. 9. Raccolta di poesie latine, molte delle quali in onore di Luigi XIII, col titolo di Pie tas Régia, raccolta stampata a Parigi. 10. Parafrasi sui Salmi della Bibbia de' Settanta. 11. Inni sulla festa di s. Luigi. Questo celebre e benemerito vescovo di Vabres morì nel 1668 d'un colpo d'apoplessia a Pont de Salaras, mentre si recava a Parigi da Luigi XIV che voleva farlo capo del suo consiglio. Il di lui cor. po, riportato a Vabres, fu sepolto nella cattedrale a piedi dell'altare maggiore che avea fatto ricostruire, sebbene nel suo testamento avesse dichiarato di voler es

sere deposto nel cimiterio de' poveri. Si legge sopra la pietra sepolcrale quell'epitaffio da lui composto mentre viveva: Isaaci Haberti XX.mi Epis. Vabr. quod mortale fuit, hic resurrectionem expectat, quam beatam precare, pie viator, et novissima memorare. I successori si ponno vedere nella nuova edizione della Gallia christiana, cioè i 4 seguenti: Lodovico II de Lavergne de Montenard de Tressan, nominato nel 1669, indi trasferito a Le Mans nel 1671. Gli

tenne che l'ospedale di Saint-Affrique fosse eretto in ospedale generale. Clemente XIII nel 1764 promulgò Giovanni de la Croix de Castries, della diocesi d'Uzes, il quale pure più volte fu scelto a deputato all'assemblea generale del clero; venne carcerato nella deplorabile rivoluzione, e prima di morire egli fece distribuire a' poveri e alle chiese di sua diocesi quanto gli rimaneva in denaro e in mobili. Restata vacante la chiesa ve. scovile di Vabres nel 1796, dipoi pel con. cordato del 1801 Pio VII la soppresse, e ne uni la diocesi al vescovato di Rhodez o Rodez (V.).

VACABILI E VACABILISTI DEL. LA CORTE E CURIA ROMANA, Officiorum Venalium et Vacabilium Romanae Curiae. Uffizi vitalizi vacabili e

venali ossia vendibili della Corte e Curia Romana, principalmente della Camera apostolica, della Cancelleria apostolica, della Dataria apostolica, oltre quelli Capitolini, nella più parte costituiti in collegi. Questi uffizi vacando, ricadono a profitto della camera apostolica e si tornano a vendere, se a tempo debito il proprietario non ne ha disposto a favore d'altri. Tali uffizi si dissero per

rirono nella Curia Romana, i quali pervennero ad eminenti cariche e dignità colla comprita de' vacabili, e persino al cardinalato. Allorchè i Papi conferirono i principali uffizi vacabili, od anche i minori, senza prezzo, si dicevano vacabili donati. Molti vacabili degli uffizi minori di 2.° ordine, se i vacabilisti non erano in grado di fungerli, si facevano esercitare dall'intestatario con l'opera personale, ossia da altri abili sostituti a'medesimi e forniti de' richiesti requisiti, mediante congruo compenso o in società. Altri vacabili di 3.* specie erano puramente stabiliti sul trarre dalle Tasse (V.) imposte la quota loro assegnata, del qual ge. nere di vacabili e vacabilisti tuttora ne esistono non pochi. La rendita degli uffi. zi vacabili esistenti deriva e proviene da' mensili o annui fruttati di emolumenti e tasse stabilite pe'medesimi da' Papi che l'istituirono, in compenso degl' intestata. ri ossia di chi l'esercitava e degli acquirenti proprietari secondo la loro natura, ed in generale quanto all' annuo incasso

ciò l'acabili, e Vacabilisti o Vacabili sta que'che gli acquistavano, e que' che li possiedono tuttorn, di que'vacabili su perstiti cioè, sì riconosciuti che liquidati. Siccome gli uffizi vacabili furono da'Pa pi istituiti pe'bisogni urgenti della s. Sede, o del tesoro o erario pontificio, così le somme che s'introitavano dalla camẹra apostolica, per l'occorrenze dell'una o dell' altro si erogavano e impiegavano. Altre somme di frequente servirono a soccorrere le chiese cattoliche estere, ed auche i principi cristiani. Dunque lodevolissimo e commendevole ne fu il preci puo scopo. Il cardinal De Luca distinse in tre specie e generi diversi gli uffizi venali e vacabili. 1.° Officia Praelatitia et primi ordinis. 2.° De Officiis secundi generis, quae non sunt Praelatitia, sed aliquam habent administrationem. 3.° De Officiis tertiae classis, quae nullam habent administrationem. I vacabili della 1. specie si acquistavano dalla camera apostolica, mediante pagamento d'una somma, anche cospicua e ragguardevole in proporzione del reddito e dell'auto-rende un congruo e pur anco convenienrità e ouorificenze annesse, che relativa. mente variò secondo i tempi. Imperocchè tra'detti uffizi vacabili eranvi anche quelli di tale 1. ordine,avendo annesso l'esercizio di diverse primarie cariche car. dinalizie e prelatizie, come andrò enumne. rando, per promozione alle quali vacava il vacabile. Ma per gli uffizi principali vacabili, da chi gli acquistava, oltre la somma che dovevano sborsare, richiedevasi che ne fossero onninamente degni, colla corrispondente piena idoneità e integrità. Siffatti vacabilisti maggiori, sia pe'natali, virtù e cognizioni,dovevano pur essere d'intera soddisfazione e gradimen. to de'Papi, pe'gelosi e alti uffizi di cui venivano investiti: dovevano essi aver prima meritato la pontificia estimazione e benevolenza, altrimenti non bastava l'offrire le somme stabilite. Prova luminosamente la storia, i grandi ed eccellenti prelati e cardinali, dotti e virtuosi che fio

te compenso proporzionato alla somına pagata, non meno dell'8 ovvero del 10 per 100, ragguagliato cioè sul capitale somministrato, anzi molti vacabili arricchirono i vacabilisti. Con quest'articolo io non pretendo affatto di dare un trattato sulle diverse specie de'vacabili, non solo per la mia relativa insufficienza, ma ancora come vasto e complicato argomento, che in generale assai poco si cono. sce. Adunque mi limiterò a tentare di darne una semplice indicazione, richiamando inumerosi articoli che vi hanno relazione, coll'intendimento di possibilmente spar. gere alquanto lume sopra materie interessanti, ma molto oscure, di cui appena alcuno n'è pienamente istruito.Dopo tanti mutamenti,non furono stampate opere che ci possano illuminare. Se nella defi nizione o in altro non riuscirò del tutto esatto, mi lusingo che i tanti articoli che gli appartengono, almeno in buona parte

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