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mando per essa un'Appendice, divisa in quattro paragrafi, in cui parlerò Delle biblioteche distrutte Delle biblioteche vigenti — Della introduzione dell'arte tipografica -e-Della storia letteraria.

E siccome fra le biblioteche della capitale di Sicilia, una ve n'ha che merita di essere particolarmente considerata; cioè quella del Comune, la quale vassi di giorno in giorno accrescendo; così giusto consiglio ho stimato il parlarne distintamente, formandone un particolare Ragguaglio.

PARTE PRIMA

DELLE BIBLIOTECHE.

SI. Della utilità delle pubbliche biblioteche.

È stata una verità dalla sperienza di tutti i secoli confermata, che indivisibilmente unita sia la fortuna delle nazioni a quella della loro coltura; e che allora fiorenti veggansi le città quando in vigore vi si mantengono gli studi: ma questi oppressi, quelle compariscono come se prive fossero del vivifico lume dell'astro apportatore del giorno (1). Basta appena un solo sguardo alle trascorse età, per convincerci, che ove neglette giacquero le cognizioni, altro non regnò che disordine, confusione, oscurità, barbarie. Assolutamente, già lo disse fra gli altri il celebre Mureto (2), niuna città fiorir puole, se non se quella in cui è in vigore la coltura delle lettere: e con ragione; dapoichè allora si stima florido uno stato, quando felici sono, e per quanto più è possibile perfezionati gli uomini che lo costituiscono, nè mezzo evvi più adatto, perchè ciò si verifichi se non lo studio. Che havvi più proprio dello studio, diceva l'eloquente D'Alembert (3), per renderci migliori e più felici? Si è lo studio, che addolcisce i nostri mali, che dissipa i nostri pericoli, che tutte vivifica le facoltà del nostro spirito; e si è per esso che noi, al dir di Cicerone, conosciamo l'infinità delle cose

(1) Heumann. Consp. reip. liter. c. v, § LU.

(2) Vol. 1, orat. 2, pag. 15.

(3) Mélang. de liter. d'hist. et de philos. Amst. 1767, tom. v, pag. 497.

e della natura, e in questo mondo istesso il cielo, la terra, i mari. Ma la limitazione della mente umana, e la ignoranza nella quale miseramente nasciamo fanno si, che svegliare non puossi lo intelletto nostro, nè acquistare in gran parte le cognizioni, se non ricorrendo a varie fonti: e quali saranno queste? Forse gli uomini di lettere? Non già, poichè o le cognizioni tutte non hanno per soddisfare alle ricerche nostre; oppure una certa aria di disprezzo, che si ravvisa nella più parte dei medesimi, invece di allettare, lungi ritiene da loro quanti mai vorrebbero accostarsi ad essi, e consultarli. A chi dunque dovrà ricorrersi? Ai libri. Sono questi le miniere alle quali puossi ricorrere in ogni tempo, senza timore di non ritrarue vantaggio: si deposita in essi a frutto dei nipoti la sapienza degli avoli, e con essi si aggiunge all'antico patrimonio la nuova ricchezza. Son dessi i maestri, scriveva il famoso Riccardo di Burg nel suo Philobiblion, che ci istruiscono senza verghe o sferze, senza collera e senza danaro: se li avvicini non dormono, se li ricerchi non si nascondono; non mormorano se tu erri, nè ti rimproverano della tua ignoranza. Ma oh! quanto pochi sono coloro, che acquistar ne possono qualche porzione, e quanto innumerevoli quelli, ai quali neppure è conceduto di possedere i libri più necessari, e meno dispendiosi. Si dirà che provvedano a ciò le biblioteche dei privati; e pure queste non si ristringono che ad agio, anzi spesso a puro ornamento, e a pompa dei possessori, o al più ad utile dei loro intimi amici: e poi si potranno in esse rinvenire tanti libri, e di si svariate materie da potersi col loro ajuto intrendere qua. lunque siasi letteraria fatica? Finalmente sa ognuno a quali disastri vanno queste tutto giorno esposte, e quanto breve per lo più esser ne soglia la durata; onde chiara apparisce la necessità delle pubbliche biblioteche, le quali di rado soggette ad uno infelice dissipamento, in soccorso vengono di chiunque voglia profittarne, e formano, quasi direi, le salde fondamenta sulle quali innalzasi quel vasto edificio della dottrina, che alla immortalità del nome gli uomini conduce. E però c presso le nazioni più colte e più savie, e sotto i sovrani più augusti e più sapienti dell'antichità, furon sempre oggetto di singolare attenzione le pubbliche librerie, come lo sono al presente presso tutti i moderni popoli inciviliti, e presso i principi cospicui: ciò che accenneremo nei due paragrafi seguenti.

S II. Delle pubbliche biblioteche perdute.

Molte sono le controversie su la origine delle biblioteche. A tal segno arriva l'umano orgoglio, che a penetrare s'impegna, e spesso con istolta arditezza, fin dove non gli è possibile il pervenire. Innumerevoli ne sono gli esempî, e si è uno fra i molti quello di alcuni eruditi, cui il letterario fanatismo talmente ha punto, che facendoli retrocedere per tante migliaja di anni, li ha condotti nientemeno, che fra le abitazioni di Adamo, e dei suoi primi discendenti; e loro ha fatto credere di vedervi quantità di volumi, e copia di biblioteche. Fra questi visionari sgraziatamente si contano un Gioachino Giovanni Medero, un Angelo Rocca, e tanti altri eruditi altronde di non volgari talenti. Ma noi di tali sogni poco interessandoci, e nulla dicendo intorno alle pretese antidiluviane biblioteche, passiamo con qualche fondamento, seguendo lo Struvio (1), ad asserire sembrarci di non esistere neppur ombra di biblioteca alcuna nè pria della torre di Babele, nè pria del diluvio; ma che, secondo il parere dei più giudiziosi critici, libri non sienvi stati prima di Mosè; e solo dopo la sua morte abbiano avuto gli Ebrei qualche biblioteca. I libri da lui scritti, e le esortazioni e i sermoni dei profeti, conservati per la istruzione della posterità, erano le opere che la biblioteca sacra componevano, nell'augusto tempio rispettosamente custodita, stimabile più per lo valore intrinseco, che per lo numero dei volumi. Eranvi inoltre, presso i Giudei, cittàer la coltura delle lettere famose; fra le quali la così detta Cariath sepher, o secondo il testo greco ros ypaμμáτæv cillà delle lettere (2); quindi assai verisimile sembra, che vi sieno state in essa pubbliche biblioteche (3).

In quanto ai Fenici, ci attesta Eusebio (4), che abbiano raccolto dei libri, sopra i quali tessè Sanconiatone la sua storia dei Fenici. Presso i Persiani ancora si crede esservi stata la biblioteca susana (5), ove conservavansi gli annali dei Persiani, che consultati vennero da Metastene o Megastene.

(1) Introd. in not. rei liter., c. i, § v.

(2) Josué, cap. xv, v. 15.

(3) Jac. Basnag., Hist. Jud., lib. vi, cap. v, § 1.

(4) De Praeparat. Evang., lib. 1, cap. vi.

(5) Lomejer, De bibliothecis, cap. iv.

MORTILLARO, vol. I.

Furono gli Egiziani ed i Caldei popoli vicini alla Giudea, per cui è da credere, che fossero stati i primi discepoli delle giudaiche scienze: nulla intanto sappiamo delle biblioteche dei Caldei; di quelle degli Egiziani solo qualche notizia ci è pervenuta. Osimandua successore di Proteo e contemporaneo di Priamo re di Troja viene da Diodoro siculo (1) stabilito come il primo, che fondato avesse nell'Egitto una biblioteca, e questa assai ricca e magnifica. Dicesi esservene stata un'altra nel tempio di Vulcano a Memfi (2); e si è in esse che venne da Neucrate accusato Omero di aver rubate, e poscia appropriatesi la Iliade, e la Odissea (3). Ma la più preziosa, e la più celebre biblioteca degli antichi fu quella dei Tolomei in Alessandria, da Tolomeo figlio putativo di Lago fondata (4); mercè l'opera di Demetrio Falerèo: e da Tolomeo Filadelfo poi cosi aumentata che totalmente a lui se ne attribuisce l'origine. Essa contenea al dire di s. Epifanio (5) cinquan taquattromila ottocento volumi (6), e poscia per vari accrescimenti arrivò a noverarne settecentomila (7). Non vi è chi ignora che Giulio Cesare assediato in un quartiere di Alessandria fosse stato obbligato ad appiccare il fuoco alla flotta che era nel porto, e che le fiamme essendosi più oltre avanzate fossero giunte a comunicarsi nel quartiere di Bruchion ed alla biblioteca suddetta, della quale cagionarono il deplorabile incendio: salvati nondimeno alquanti volumi, venne in appresso la biblioteca riedificata; e quindi dopo varie vicende per comando del califfo Omar (8), come è comune opinione, soffrì nell'anno 650 (dell'e. v.) l'ultima distruzione (9).

Rivale della biblioteca alessandrina era l'attalica fabbricata da Eamene, come si sa da Strabone (10), in Pergamo città vicina ad Ales

(1) Presso Giusto Lipsio in Sintagm. de biblioth., cap. 1.

(2) Oggi il Gran Cairo.

(3) V. Eusth. Proem. ad Odyss.

(4) Clem. Alexand. Stromat. lib. 1. Paris 1590, pag. 368.

(5) Lib. De mensuris et ponderibus. Lut. Paris 1612, pag. 1064.

(6) Giorgio Cedreno Hist. lib. xxil crede che fossero stati 100,000, e Giuseppe Flavio Antiq. Judaic. lib. x, cap. 11, ne fa ammontare i volumi sino a 200,000.

(7) Aul. Gel. Noct. Attic. lib. vi, cap. xvn, ed Ammian. Marcellin. Hist. lib. xxu. (8) Abulfaragio Hist. Dynast. pag. 114.

(9) È da notare che ciò è stato contradetto con molto senno da Assemani giuniore in una erudita operetta che ha per titolo Saggio sull'origine, letteratura e costumi degli Arabi. Padova 1787 in-8, pag. 90.

(10) De situ Orbis, lib. xu.

sandria. Da uno spirito di emulazione animati i principi Eumene ed Attalo tutto adoprarono per uguagliare la grandezza dei sovrani di Egitto: e ancor gareggiando per la magnificenza delle biblioteche quella formarono di cui parliamo, e di più che dugentomila volumi, al riferir di Plutarco (1), la fornirono; che si crede essere stati scritti in pelle di capra: il perchè tali pelli sono state dette pergamene (2).

La Grecia, delle arti liberali avventurosa coltivatrice, possedè molte pubbliche biblioteche. Il tiranno Pisistrato comunemente dicesi il primo che istituita una ne avesse in Atene (3), la quale dopo la morte di costui, fu molto accresciuta da quei colti cittadini: ma Serse impadronitosi di Atene trasportolla nella Persia, da dove, molto tempo dopo, Seleuco Nicanore colà ritornolla ond' era stata tolta; sebbene poscia Silla il vincitore di Atene la trasferì in Roma, ove si crede che fosse stata divorata dal fuoco insieme con altre non meno ragguardevoli (4). Fra le greche librerie nominansi pure quella dell'isola di Gnido, quella di Apamea, e qualche altra, la quale appena ha potuto il solo nome tramandare alla tarda posterità.

Molte private biblioteche avevano negli andati tempi i Romani; ma Giulio Cesare fu il primo, che pensò di ergerne una a pubblico vantaggio, quantunque non arrivò a compiere il suo disegno. Ad insinuazione di Augusto successore di costui, Asinio Pollione oratore e senatore romano eresse una pubblica biblioteca (5). Due altre ne costruì lo stesso Augusto, una che ad onore della sorella sua Ottavia nominò (6), ed un'altra sul colle Palatino, nel portico del tempio che ad onore di Apollo ivi fece magnificamente costruire (7), conosciuta sotto il nome di Biblioteca di Apollo. Dopo Augusto, l'imperatore Tiberio ebbe in Roma una libreria nel suo palazzo verso la Via sacra (8); e questa, vogliono alcuni, che sia stata in seguito trasportata da Vespasiano nel tempio della Pace. Fra le altre conspicue biblioteche di Ro

(1) Nella vita di Marc'Antonio,

(2) Circa 200 anni avanti G. C.

(3) Val. Max. lib. xin, cap. IX.

(4) Conrig. De bibl. Aug., pag. 167.

(5) Struv. loc. cit. tom. 1, cap. 11, § x11.

(6) Dio. Cass. Hist. Rom., lib. XLIX, an. 721 di Roma.

(7) Sveton. in Aug., cap. xxix.

(8) Aul. Gell. Noct. Att. lib. xu, cap. xyшi.

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