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mento al Signore Iddio, che cantò il santo cardinale Carlo Borromeo : ed in quella mattina 19. di Giugno 1565. fu eseguita la prima volta nella

licos Helvetiorum, et decretum fuit, quod celebraretur missa de spiritu sancto. Trattandosi di un giorno per la musica ecclesiastica assai memorabile, credo pregio dell'opera di mostrare con le vere e precise parole degli atti concistoriali abbreviate di troppo dal Raynaldo, quanto viva fosse l'allegrezza della curia romana per la ridetta confederazione; ed in conseguenza quanto fossero gli animi disposti la mattina dei 19. di Giugno alle dolci impressioni della nuova musica del Pierluigi. Romae. In palatio apostolico apud s. Petrum die 8. Iunii 1565. fuit consistorium ad divi Petri, cujus initium fuit gratulatio Helvetiis oratoribus. Nam summus Pontifex dixit, quinque Helvetiorum pagos, qui catholicam fidem colunt, oratores misisse, qui se paratos esse dicerent societatem inire, atque arma capere pro religione, proque hujus sanctae sedis tutela, et obsequio adversus quoscumque summus Pontifex imperasset. Quo nuntio accepto, magna fuit in senatu laetitia, maxima vero summi Pontificis. Nationem tam bellicosam, tantaque armorum gloria florentem, cujus amicitiam et societatem caeteri principes non levi pretio mercari consueverunt, nunc nullis blanditiis illectam, nullis ante solutis stipendiis, nullis pensionibus pactis, sola benemerendi voluntate, et in hanc sedem studio suas copias ultro polliceri, id vero divinum beneficium ab hominibus judicandum. Ad haec summus Pontifex et pristina illorum in hanc sedem merita, fidemque commemoravit, cum Iulii secundi, et Leonis, tum aliorum Pontificum, et nuper Pauli quarti temporibus, a quibus pretectores, et defensores ecclesiae libertatis appellari meminerat, quos illi titulos valde honorificos, magnaeque sibi gloriae ducant; et praesentem eorum voluntatem summis laudibus extulit, cum eos et adversus turcas et adversus haereticos, denique adversus omnes hujus sanctae sedis hostes fortiter pugnaturos affirmavit, et quoties opus fuerit intra decem dierum spatium peditum duodecim millia ad Pontificem missuros: et quod non leve egregiae eorum voluntatis judicium sit, cum rege christianissimo societatem iniisse, ea conditione, ut concilium servetur, utque res dignas christianissimo rege faciat. Virtutem praeterea gentis ad coelum extulit, ut quae sola ferè inaudita atque incredibilia facinora patravit, quemadmodum ex historiis patet, itaque ipsorum amicitiam plurimi faciendam, praesertim, cum ibi minimum praesidii sit, unde plurimum sperare oportebat. Se contra promissorum opem illis, et auxilium suum, in omnibusque eorum necessitatibus, praesto futurum, quod, et absque promissione facturus esset, neque enim Helvetiis periculum praeter quam ab haereticis imminere, a quibus eos summus Pontifex ex officio defendere cogeretur. Itaque si patribus videretur, se societatem cum Helvetiis solemnibus verbis conceptis contracturum, ac sancti spiritus missa celebrata, publicaque laetitia indicta publicaturum.... Cardinales pleraque de Helvetiorum virtute praefati, deque eorum non modo recentibus, sed etiam veteribus in hanc sedem meritis cum Leonem III. et Leo

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cappella di Sisto al Vaticano la terza messa del Pierluigi, che riportò i comuni ed individuali suffragii. É fama, giusta la relazione di alcune memorie a penna, che Pio IV. dicesse : queste dovettero essere le armonie del cantico nuovo che Giovanni l'apostolo udì cantare nella Gerusalemme trionfante, delle quali un altro Giovanni ci dà un saggio nella Gerusalemme viatrice. Si vuole che il card. Francesco Pisani decano del sagro collegio preso da un cotal entusiasmo adattasse alla circostanza i versi di Dante nel canto X. del Paradiso, esclamando : Render è questo voce a voce in tempra,

Ed in dolcezza, ch' esser non può nota,

Se non colà dove 'l gioir s' insempra. (339)

Cui tosto pretendesi, che soggiungesse il card. Antonio Sorbelloni cugino germano del Papa :

Risponda dunque: Oh! fortunata sorte!

Risponda alla divina cantilena,

Da tutte parti la beata Corte,

Si ch' ogni vista ne sia più serena. (340)

nem IV., et Ioannem VIII. in suam sedem restituerunt. Omnes uno ore summi Pontificis diligentiam in afflictae reipublicae salute procuranda laudaverunt, societatem et huic sedi honorificam probarunt.

et utilem

(339) Li versi di Dante nel canto 10. del Paradiso sono i seguenti .

Indi come orologio, che ne chiami

Nell' ora, che la sposa di Dio surge

A mattinar lo sposo, perchè l' ami:
Che l'una parte, e l'altra tira ed urge,
Tintin sonando con si dolce nota,
Che'l ben disposto spirto d'amor turge:
Cosi vid' io la gloriosa ruota

Muoversi, e render voce a voce in tempra
Ed in dolcezza, ch'esser non può nota,

Se non cold, dove 'l gioir s' insempra .

(340) Li versi di Dante nel canto 32. del Paradiso sono i seguenti .

E quell' amor, che primo li discese,

Cantando Ave Maria grazia plena,
Dinanzi a lei le sue ale distese.

VOLUME 1.

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Checchessia di cotai racconti, certo è, che il Sommo Pontefice, il sagro collegio, la numerosa prelatura, e quanti ebbero la fortuna di essere ammessi in quella mattina nella cappella di Sisto tutti ad una voce resero alla nuova messa del Pierluigi il giusto tributo d'immense lodi, che le han poi continuato fino al di d'oggi, e le continueranno a rendere tutte le età successive.

CAPITOLO IX.

Si reca un bel testo di Lodovico Cresollio contenente la testimonianza del Pierluigi medesimo a dimostrare viemaggiormente la verità di quanto è stato narrato nel cap. precedente. Si esaminano alcune espressioni incidenti del lodato Cresollio. Il Pont. Pio IV. crea in premio del singolar valore del Pierluigi il posto di compositore della cappella apostolica, e glie lo conferisce: A schiarimento de' dubbii dell' autor del giornale de' letterati stampato in Roma il 1753. si dimostra, che Giovanni non potè essere eletto maestro della cappella ridetta a motivo che cotal' incarico succedendo a quello di primicerio della scuola de' cantori importa alcuna cosa di più, che non è il solo merito di compositore di musica.

Per

er quanto io mi sia certo, che non possa dubbio veruno nascere nella mente de' lettori circa le cose esposte nel capitolo precedente, troppo essendo efficaci i pochi ma chiari monumenti da me recati ad autenticare la narrazione: tuttavia mi reputo assai fortunato, potendo citare in ultimo luogo la testimonianza stessa del Pierluigi, che contò tale aneddotto ad un padre della compagnia di Gesù amico del P. Cresollio, il quale si fece un dovere nel Mistagogo (341) di comunicare alla storia

Rispose alla divina cantilena,

Da tutte parti la beata corte,

Sì ch'ogni vista sen' fè più serena .

(341) Ludovici Cresollii Armorici e Soc. Ie. Mystagogus, Lutetiae Parisiorum sumptibus Sebastiani Cramoisy 1629. lib. 3. sectio 4. pag. 627. litt. B.

nus

della musica ecclesiastica siffatta notizia. Rem narravit ipse praenesti · cuidam e patribus nostrae societatis, a quo ego accepi. Così il Cresollio. E che cosa mai raccontò il Pierluigi? Affermò essere stata trattata la causa della musica ecclesiastica sotto il Pont. Pio IV. In easdem cogitationes (SS. Athanasii et Augustini tollendi musicam e sacris templis) inciderat Pius IV. ecclesiae Pontifex gravissimus. Riferì aver lui composto non una, ma più messe, per le quali si potessero intendere le parole, quantunque vestite di armonia. Ioannes Praenestinus prompte missas ea temperatione composuit, ut retineretur symphonia, et verba omnia plane et liquido intelligerentur. Attestò che il Pontefice Pio IV. udì cantar queste messe: illas vero cum Pontifex audivisset; e disse in fine, che per esse la musica ecclesiastica si sostenne. Cum videret (Pontifex) utilitatem, quae percipi potest a divinis rebus quae cantantur intellectis, cum suavitate posse conjungi, voluntatem illam abjecit, et putavit non tam esse de musica tollenda cogitandum, quam de adhibenda moderatione. Questa è la sostanza di ciò che riferì il Pierluigi, e consuona perfettamente alla narrazione del capitolo precedente.

Non è però questo solo che racconta il Cresollio aver detto Gio-, vanni Pierluigi: înterpone alle riferite parole alcune espressioni, le quali, siccome io diviso, o egli le aggiunse di per se, o gli furon. o gli furon contate, da chi alla foggia comune, credendo di abbellire il racconto, lo traveste, e sfigura. E primieramente afferma, che il Papa aveva notato nella musica un affollamento di diminuzioni delicate e di adornamenti leggieri, pe'quali niun frutto venivane alla pietà de' fedeli. Qui cum etiam temporibus suis animadvertisset in aedium sacrarum cantu atque symphonia nihil prope aliud esse, nisi quasdam minuritiones delicatas, et frequentamenta inania verborum, e quibus fructus ad pietatem nullus colligeretur. Questo peraltro, siccome è stato veduto nel cap. II. di questa sezione, non formava il vero carattere della musica di que' dì : e molto manco siffatti delicati gorgheggi e leggiere diminuzioni non si udivano nè nella pontificia cappella, nè nelle chiese di Roma: e se nei canti di corte erano alquanto in uso, non per questo ardivano giammai i cantori di farne pompa massime nelle cattedrali respettive delle chiese

oltra monti. Ond' è che nè il Papa, nè il concilio tridentino, nè i cardinali destinati alla esecuzione di esso concilio mai non si lagnarono di siffatto abuso.

In secondo luogo aggiugne il Cresollio, che il Papa aveva stabilito di proporre la discussione della causa della musica ecclesiastica ai padri del concilio tridentino. Tridenti in concilio orbis terrae proponere constituerat de musica e sacris templis ejicienda. Se per queste parole avesse mai il Cresollio avuto intenzione di significare che o la causa della musica ecclesiastica non si fosse trattata nel concilio tridentino, o che il Pierluigi si fosse interessato in questa discussione presso il Papa a prevenire la sentenza di esso concilio, egli errerebbe a partito: perciocchè abbiam dimostrato nel cap. 7. che i padri tridentini disaminarono per ben due volte nelle sessioni 22., e 24. siffatta causa esclusivamente dal Pierluigi; e per le cose dette nel precedente cap. 8. è fuori di dubbio, che non dal concilio, non dal Papa, ma terminato il concilio, d'ordine de' cardinali destinati alla esecuzione dei decreti circa la riforma emanati da esso tridentino concilio, fu il Pierluigi richiesto di comporre alcune messe di stile veramente ecclesiastico, degne del luogo dell'orazione. E ripetasi pure, essendo stato questo lo scoglio ove tanti hanno urtato. Quando il tridentino concilio applicossi alla musica ecclesiastica sia nella 22., sia nella 24. sessione non v'ebbe luogo affatto il Pierluigi: e solo per consiglio dei cardinali destinati alla esecuzione del Tridentino, mentre si ricercò da essi, se la musica della cappella apostolica contenesse disgraziatamente le brutture detestate già da que' padri, allora si fu che il Pierluigi ebbe l'incarico di scrivere le messe, per le quali fu salva la musica ecclesiastica. In una parola il non aver distinto fra il concilio, il Papa, e la congregazione degli otto cardinali destinati dal Papa alla esecuzione di esso concilio ha fatto cadere tanti scrittori nel miserabile equivoco, che il Pierluigi sostenesse la causa della musica ecclesiastica presso il concilio tridentino, o presso il Papa, laddov'egli la patrociniò soltanto presso i cardinali della congregazione sopra l'esecuzione di esso tridentino concilio.

Continua il Cresollio dicendo che il Papa aveva già esternato il concepito disegno di sbandire la musica co'cardinali e con altri prelati di

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