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CAPITOLO XII.

Il Pierluigi è fatto maestro di musica del card. Ippolito giuniore d'Este e gli dedica il primo tomo di mottetti a 5., 6., 7. voci. Nomina quindi a Filippo 11. austriaco re delle Spagne il libro terzo di messe. È invitato a riassumere il servigio della basilica vaticana vacato per la morte di Giovanni Animuccia, rinunzia a tal effetto il magistero della basilica liberiana, e torna al Vaticano.

Il cardinal Ippolito II., o giuniore, d' Este de' duchi di Ferrara uno

de' più grandi, porporati, che abbiano illustrato la romana chiesa e per l'avveduta prudenza nel maneggio di sommi affari, e per l'impareggiabile liberalità co' poveri, e per la generosità profusissima con ogni maniera d' uomini di merito e di sapere, onde niuno più di lui n'ebbe maggior numero alla sua corte, niuno vebbe più d'esso inverso di loro benefico e liberale, (423) amantissimo soprammodo si dimostrò della musica, e de' musici valorosi, forse anche più del cardinal Ippolito I., o seniore, suo zio, che ne conobbe profondamente l'arte, e la scienza. Egli si fu, che volle di persona assistere la mattina dei 4.

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(423) Iacentem eum intuemur, qui nos omnes jacentes erigere; exanimem, qui exanimatis aliquo casu nobis animum addere solebat, vitu carentem, qui nobis aliisque quamplurimis vitae subsidia benignissime ac liberalissime suppeditabat Quis unquam illo in tota ratione vivendi splendidior ac magnificentior fuit?... Quam multos egregios artifices ad nova excogitanda propositis premiis excitavit? eruditos autem, et excultos litteris homines nemo unquam amavit ardentius, nemo plures domi habuit, nemo largius aut prolixius fovit. Così Marco Antonio Mureto Orat. XXV. habit. III. Non. Decemb. 1572. in funere Hippolyti cardin. Estensis. Dello stesso tenore sono le parole di Uberto Foglietta. Praefat. Histor. de Conjurat. Io. Ludov. Filisei. Is me in familiarium suorum numerum amanter exceptum omnibus commodis fovet ac tuetur. Neque vero me uno ejus benignitas terminatur; sed omnes amplectitur quoscumque excellenti aliqua facultate praestare intelligit, ut in illius liberalitate, regioque splendore, atque animi celsitudine firmissimum sil egregiorum afflictae fortunae praesidium, ejusque domus insignibus viris semper referta, virtutum ac bonarum artium asilum dici possit, etc.

VOLUME I.

43

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Giugno 1551. alla famosa disputa musicale (424) fra D. Nicola Vicen

(424) Non sia discaro al lettore di risapere alcuna cosa del Vicentino detto l'arcimusico, e dell' accennata controversia. D. Nicola Vicentino fu maestro in Ferrara alla corte del duca Alfonso I., ed insegnò la musica operativa, ed il suonar di tasti, in cui al dir del Doni giuniore fu molto bene esercitato, al ridetto duca Alfonso, al cardinal Ippolito seniore di lui fratello, ch' ebbe tra suoi famigliari l' Ariosto, ed alla monaca suor Leonora di loro zia, come pure ai figli del duca, cioè ercole II. ed Ippolito giuniore, e alle figlie di Ercole Anna, Lucrezia, e Leonora, e tutti ne profittarono sodamente, ed alti elogi ne riportarono, siccome può vedersi nell'antica musica ridotta alla moderna pratica del medesimo Vicentino pag. 10., nella dedica che fece alla nominata Lucrezia Francesco Patrizi della sua Deca istoriale della poetica, nella lettera, che Bartolommeo Ricci scrisse da Venezia al duca Ercole nell' anno 1548. in cui la nominata Anna andò a marito, e nella dedica di Giglio Gregorio Giraldi del terzo de' suoi dialoghi sulla storia de' poeti.

Non molto dopo l'esaltazione d' Ippolito giuniore al cardinalato avvenuta li 20. di Decembre 1538. lasciò il Vicentino la corte di Ferrara, e tutto si dedicò come cappellano e maestro ai servigi d' Ippolito. Trovandosi pertanto in Roma, emporio allora fioritissimo di ogni maniera di colti musici, incominciò egli a spargere qua e là ne' ritrovi de' professori di musica parecchi cenni delle sue arcane musicali cognizioni nei due generi sconosciuti cromatico, ed enarmonico; e donò a varie persone le copie di un suo libro di madrigali, che fatto aveva stampar in Venezia con il seguente speziosissimo titolo Dell' unico Adriano Fillaert discepolo D. Nicola Vicentino Madrigali a 5. voci per Teorica e per Pratica da lui composti al nuovo modo del celeberrimo suo maestro ritrovati. Lib. 1. Venezia 1546.

L'incontro di quest' opera in Roma non corrispose alle lusinghe del Vicentino, perciocchè solo si celebrarono i solecismi del titolo spezioso, onde non potendo egli trovare per cotal via quella superiorità di fama, che aveva sperato, continuò ad annunziare con arcane anfibologie le sue recondite cognizioni, le quali non volle mai comunicare ad alcuno sotto il pretesto, che allora le renderebbe pubbliche, quando avesse ottenuto una situazione conveniente a se, come la cappella del Papa, o di altro sovrano per ricompensa dei quindici anni spesi per l'acquisto di tanta scienza.

Gli fu per ciò fatto riflettere da alcuni amici, che si alto silenzio oltre il non procacciargli nome, lo avrebbe ben presto gittato nel novero dei cerretani, ond' ei finalmente s'indusse a stipolare un' apoca siccome fece in Roma il dì 25. di Ottobre 1549. per gli atti di Felice de Romaulis notaro di Camera, in cui promise a sei famigliari del card. Niccolò Ridolfi (nipote per canto di sorella del Pont. Leone X.) i quali molto si dilettavano della musica, di insegnare loro gratuitamente a cantare alcune cantilene da se composte nei ridetti due generi cromatico, ed enarmonico, a condizione, che, sotto pena di duecento scudi, niun di loro potesse prima di dieci anni insegnare i ri

tino, e D. Vincenzo Lusitano. Egli si fu, che protesse, e fomentò gli

detti due generi inusitati, o parlarne, o scriverne per modo, che la cognizione di essi venisse a palesarsi.

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Questa nuova scuola di musicali misteri aperta in Roma a sei sole persone aguzzò per modo la curiosità dei maestri, che, per quanto il Vicentino fosse accorto, non seppe guardarsi dai lacci, che per ogni dove gli eran tramati. Soleva Bernardo Acciajoli Ruccellai tenere spesso nella nobile sua abitazione accademie di musica. Un dì nel fine di Maggio dell'anno 1551. vi si eseguì fra gli altri un concerto composto sopra il canto gregoriano dell' antifona Regina Coeli. Terminata l'accademia sortirono insieme dal palazzo dell' Acciajuoli il Vicentino, ed un altro cotal maestro chiamato D. Vincenzo Lusitano e discorrendo della musica eseguita, presero questione sopra il merito del ridetto concerto. Dopo alcun poco di dibattimento il Lusitano gittò la proposizione, che quel concerto in fine era una musica puramente diatonica: il Vicentino riscaldato, pose tosto puramente diatonica? Voi siete il bravo maestro! nemmen conoscete una musica di qual genere sia. La disputa qui divenne accanita; e non volendo nè l'uno nè l'altro cedere, convennero finalmente ad istanza delle molte persone quivi radunatesi, di eleggere due giudici, e prescelsero di comun consenso Bartolommeo Escobedo di Segovia, e Ghisilino Dankerts di Tholen in Zeelanda amendue cappellani cantori pontificii, sommi compositori, e profondi teorici, alla presenza de' quali avrebber detto le loro ragioni; eglino avrebbero sentenziato inappellabilmente, e colui che fosse giudicato avere il torto, pagherebbe al vincitore due scudi d'oro.

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La mattina dei 2. Giugno si recarono amendue i disputanti alla chiesa di S. Maria in Aquiro degli orfani ove trovavansi i cantori apostolici per la solenne messa del SS. Sagramento, e pregarono l' Escobedo, ed il Dankerts a volersi compiacere di giudicare la loro vertenza. Io, disse il Vicentino, mi sono offerto di provare, che nissun musico compositore intende di che genere sia la musica che loro compongono, et quella che si canta comunemente ogni dì. Soggiunse il Lusitano: Ed io ho risposto in nome di tutti li musici, et offertomi di provare, che io so di che genere sia la musica che oggidì li compositori compongono, et si canta comunemente. Ciò udito l'Escobedo, ed il Dankerts accettarono le parti di giudici.

Aveva intanto risaputo il cardinal Ippolito questa disfida e volle che si tenesse siffatta disputa musicale nel suo palazzo alla sua presenza il giorno 4. di Giugno. Tutti vi si recarono all' ora stabilita: mancò peraltro il Dankerts ch' era dovuto partire da Roma per affari della cappella .

La disputa fu eseguita in una gran sala con apparato degno della magnificenza di quel grandissimo principe cardinale. Amendue i disputanti per ben tre ore si distesero a sfoggio in musicali erudizioni, che divertirono piacevolmente la coltissima e numerosissima udienza, ma che poco o nulla avevan che far con l'assunto. In fine il cardinale pretendeva che l' Escobedo pronunziasse la sentenza decisiva: ma egli si scusò co

studi del ridetto D. Niccola, e che fe imprimere nel 1555. la di lui

stantemente per la mancanza dell' altro giudice e fu aggiornata la seconda disfida nel palazzo apostolico per la mattina del di 7. di Giugno.

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La mattina dei 5. essendo tornato in Roma il Dankerts, li due disputanti furono da esso e gli contarono quanto era avvenuto il giorno innanzi . Ghisilino però uomo avveduto, disse loro, che nel disputare a braccio si soleva sovente trascorrere in questioni secondarie, onde meglio sarebbe stato, che amendue ponessero in iscritto le prove del respettivo loro assunto; e così il giudizio sarebbe ponderato, e la sentenza non soggetta all' arbitrio.

Scrissero di fatto il Vicentino ed il Lusitano la sua schedola di ragioni, ed inviaronla ai due giudici segnata l'una e l'altra il dì stesso 5. di Giugno.

La mattina dei 7. Giugno nella cappella apostolica al Vaticano presenti tutti i cappellani cantori, ed inoltre Monsig. Girolamo Maccabei vescovo di Castro, e maestro della cappella, Annibale Spatafora archimandrita di Messina, Mons. Marcantonio Falcone vescovo di Cariati, e Gian Francesco Caracciolo abbate di S. Angelo Tasanello inviati dal cardinal di Ferrara, e molti altri signori che intervenuero, si presentarono li due avversarii. L'uno e l'altro propose il suo assunto, e quindi attaccaron la disputa, da cui per la seconda volta non si sarebbe potuto conchiuder nulla. Allora i giudici dimandaron loro, se volevano, che la sentenza si desse sopra le ragioni esposte nelle respettive schedole segnate il di 5., al che risposero quelli di sì, e vi si sottoscrissero. Lette allora pubblicamente le due schedole o informazioni, passarono i giudici a dar la sentenza nei seguenti termini. Christi nomine invocato, etc. Noi Bartolomeo Escobedo et Ghisilino Dankerts giudici sopradetti per questa nostra diffinitiva sententia et laudo in presentia della detta congregazione, et delli sopradetti D. Nicola et D. Vincentio, presenti, intelligenti, audienti, et per la detta sententia instanti: pronuntiamo, sententiamo, et laudiamo il predetto D. Nicola non haver in voce nè in scritti provato sopra che sia fondata la sua intentione della sua proposta. Immo per quanto pare in voce et in scritti il detto D. Vincentio ha provato, che lui competentemente conosce et intende di qual genere sia la compositione, che oggidì comunemente li compositori compongono, et si canta ogni di come ogniuno chiaramente di sopra nelle loro informationi potrà vedere. Et per questo il detto D. Nicola dover esser condannato, sì come per la presente lo condanniamo nella scommessa fatta tra loro come di sopra. Et cosi noi Bartolomeo et Ghisilino sopradetti ce sottoscrivemo di nostre proprie mani. Dat. Romae in palatio apostolico et capella predetta. Die septima Iunii anno supradicto (1551) pontificatus sanctissimi D. N. Domini Iulii Pape tertii anno secundo.

Pronuntiavi ut supra, ego Bartolomeus Escobedo, et de manu propria me subscripsi. Pronuntiavi ut supra, ego Ghisilinus Dankerts,

et manu propria me subscripsi.

opera

intitolata l'antica musica ridotta alla moderna pratica. Egli

Può di leggieri immaginarsi quali fossero le smanie del Vicentino uomo di punto, fastoso nell' udire tali parole (le quali io ho trascritte dall' originale stesso del Dankerts come vedrassi in seguito). Pagò per altro all' istante la sua scommessa. Il cardinal Ippolito ricevuta questa nuova per mezzo dei soprannominati prelati, lo Spatafora, il Falcone, ed il Caracciolo, che si trovaron presenti alla disputa di suo ordine nella cappella apostolica al Vaticano, prese parte a favore del suo maestro D. Niccola, credendo di essere egli medesimo nella sentenza affrontato e molto vi sarebbe voluto a tranquillizzarlo : ma fortunatamente dopo alquanti giorni dovette partire per Ferrara, donde passò a Siena, e quindi di nuovo a Ferrara e siccome fu seguito dal Vicentino rimase in Roma sopito il musicale periglioso incendio.

D. Vincenzo Lusitano temendo, che potesse scoppiare col tempo alcun sotterraneo vulcano, pensò bene di dare alle stampe un' operetta che intitolò. Introduttione facilissima et novissima di canto fermo, et figurato contrapunto. Roma per Antonio Blado 1553. in cui si mostrò per alcun modo ammiratore delle cognizioni del Vicentino, e così credette di assicurarsi.

Il Vicentino pieno di fuoco e di collera, incoraggito dal favore del cardinale si pose a scrivere un'opera, che terminò in quattro anni, e la intitolò. L'antica musica ridotta alla moderna pratica con la dichiaratione, et con gli essempj de i tre generi con le loro spetie, et con l'inventione di uno nuovo stromento, nel quale si contiene tutta la perfetta musica con molti segreti musicali. Appena tornato in Roma con il cardinale la fe stampare per Antonio Barrè il 1555. a spese dello stesso Ippolito, siccome confessa nella dedica, Nel cap. 43. del lib. 4. di quest' opera riportò il Vicentino per brevità i cenni della riferita contesa, ma alquanto sconciamente; perciocchè fra le altre vi sono tre patentissime inesattezze. Dice alla pag. 95. che la sentenza fu data dai due giudici il dì 7. Giugno dopo quattro o sei giorni, dacchè furono loro inviate le informazioni: laddove nella pagina stessa a tergo confessa che le due informazioni furono scritte da se, e dal Lusitano il dì 5. Giugno. Dappoi afferma, che li due giudici furono d'accordo insieme, e fecero la sentenza contro di esso, e la mandarono a presentare al cardinal di Ferrara in sua presenza per mano del Lusitano; che il cardinale dopo averla letta gli disse, che era sentenziato a pagare li due scudi d'oro; ed ei allora li pagò. Per lo che sembra voler significare, che fosse data la sentenza dai giudici in congresso privato, lui assente, e che . ei n'ebbe la nuova dal cardinale, allorchè presentogliela il Lusitano: intanto però alla pag. 98. a tergo fece egli stesso imprimere, che la sentenza fu data nella cappella del Papa, presente la congregazione dei cantori apostolici, e presenti, intelligenti, audienti, ed instanti D. Nicola Vicentino, e D. Vincenzo Lusitano. In terzo luogo vergognandosi egli stesso della insussistenza del suo assunto cambia onninamente aspetto alla disputa e l'oggetto della disfida, dicendo : ( pag. 95.) D. Vincenzo era d'opinione che la musica che allora si cantava era diatonica: et io gli risposi che non era diatonica semplice,

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