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Altra diocesi, che nell'anno 1466 fu soppressa e concentrata colla

patriarcale di Venezia, è JESOLO od EQUILIO, detta anche Gesolo. Ebbe anticamente altri nomi, ma tutti vannosi a ridurre a questi, che ho portato. La si diceva infatti Vesulo, Giexulo, Equilo. La cronaca Sagornina la dice una delle principali città veneziane (1), e Costantino Porfirogenito (2) la nomina Aeculum. Tutti questi nomi le derivarono dai primitivi suoi abitatori, profugi dalle persecuzioni dei barbari e quivi di mano in mano ricoveratisi. Racconta infatti il cronista Dandolo, che i più di questi erano pastori e guardiani di razze di cavalli, che dimoravano prima nell' agro opitergino e nel basso Friuli; ed ecco quindi l'etimologia di Equilio, ossia, come poscia fu detto allorchè la lingua latina cedè il luogo alla volgare, Lido cavallino: e con questo nome si chiama appunto sino al giorno d'oggi il lido, ch'è tra il porto di Piave e il porto de' Treporti. Gesolo poi si nomina la palude più interna nella laguna. Per questa doppia denominazione alcuni scrittori, tra cui anche l' Ughelli, riputarono Gesolo ed Equilio due differenti città.

Essa fu considerevole e rinomata presso i veneziani, florida e forte sino a poter cozzare per ben novant'anni con la vicina Eraclia od Eraclea (5). Sorgeva essa non molto lungi dalla foce del Piave, prima che ne fosse deviato l'alveo e sconsigliatamente vi s' introducessero le acque di un ramo del Sile. Sorgeva su terreno sano ed asciutto, diventato oggidi paludoso e deserto. L'antico nostro cronista Marco Cornaro vi numerò

(1) Quinta insula Equilius nuncupatur,

» in qua dum populi illic manentes episco"pali sede carerent, auctoritate divina no» vus episcopatus ibi ordinatus est. »

(2) De administ. Imp. Them. VII.

(3) Di questa città, che fu anch' essa vescovile, parlerò nella storia della chiesa di Treviso, perchè il luogo ove sorgeva, è appunto tra i recinti di quella diocesi.

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quarantadue belle chiese, ricche di marmi preziosi e selciate a mosaico sulla foggia della basilica marciana di Venezia: « Et etiam, egli dice, come se » pol veder per la città de Giesolo in la qual giera XLII degnissime Giesie » com' io trovo per lo adiventario dello vescovado, la maggior parte delle quali giera tutto al salizzado de mosaico come al presente se vede s. » Marco ecc. » Verso la metà del secolo XV la città era affatto diroccata: la piazza n'era seminata a frumento e vi sorgevano nel mezzo grosse noci ed alti olmi : « Dove giera la piazza et in molti altri lioghi da per » tutto se semina formento et li sono cresciute molte piante de molto » grosse nogare ecc. » Alquanti anni dopo, scriveva il Sabellico (1), vedervisi tuttora de' grossi muri coperti di ellere e spini; ed il Sabbadino narrava altrettanto nel 1515, dicendo: « Se vedono molte chiese distrutte » et antichissime vestiggie et grandi de fabbriche in Giesolo ecc. » Sino al giorno d'oggi, nel luogo dove fu questa città si veggono qua e là parecchie macerie ed un pezzo di grosso muraglione, che sosteneva il volto dell'antica cattedrale, intitolata a santa Maria, ed uffiziata da dieci canonici preceduti dalle due dignità di arcidiacono e di arciprete. Nell'inverno, quando la campagna è spoglia, vedesi questo muro assai da lungi. Dalle rovine esistenti puossi conoscere, che quella chiesa fosse lunga da 60 a 70 piedi. Vi si trovarono e vi si trovano ancora nell'ampiezza di quella campagna preziosi avanzi di colonne di marmo finissimo, e varie pietre sepolcrali, ed altre magnifiche testimonianze della ricchezza di cotesta città. E n'era ricco assai anche il vescovado, perchè la nazione avevagli donato molti fondi e rendite non solo sui lidi vicini, ma eziandio nell' Istria, nella Dalmazia, e persino nell' Asia o nella Soria, e nei sobborghi di Tiro.

L'origine di questo vescovato è contemporanea all' origine e alla fondazione della città. I profughi, che vi si recarono a piantarla, condussero con sè il clero e le sacre cose, e vi rizzarono chiese e vi piantarono la cattedra episcopale. Primo a possederla, per quanto sappiasi, fu nell' 864, il vescovo PIETRO, al quale nell' 876 il pontefice Giovanni VIII proibiva l'esercizio del sacro ministero, per avere negato il dovuto ossequio al patriarca di Grado suo metropolitano. La lettera, che ne ha relazione è diretta a lui ed a Felice, vescovo di Malamocco, che di simile disobbedienza s'era reso colpevole. Nel seguente anno, gli comandò lo stesso pontefice di recarsi a Ravenna, per įvi assistere al concilio, che stavasi (1) De situ urbis, lib. III.

per celebrare. Buono, che fu nel 955 patriarca di Grado, ottenne il seggio episcopale di Equilio in seguito a Pietro: era questo Buono della famiglia veneziana de' Barcanici, figlio di Giorgio. Dopo di lui si trova, circa il 4010, LEONE Bembo, veneziano anch'egli. Ebbe successore un suo nipote, LEONE I, figlio di un suo fratello: questi nel 1040 trovavasi presente al sinodo provinciale radunato da Orso patriarca di Grado nella basilica ducale. A'giorni di lui, nell'anno 1044, il monaco Pietro Caroso intraprese la rifabbrica del monastero de' benedettini di san Giorgio del Pineto, non lungi da Equilio, il quale, distrutto dal furore delle guerre, giaceva diroccato e distrutto. Presso l' Ughelli (1) si può vedere il lungo documento, che ne ba relazione. Successore di questo vescovo governò la chiesa equilina uno STEFANO; non però quello, che l' Ughelli notò sotto l'anno 1084, il quale fu successore di questo. Di questo ci dà notizia un documento del magistrato del Piovego (2), sotto l'anno 1060; indict. XIII, die V aprilis, in una promessa fatta alla chiesa cattedrale di santa Maria di Equilio. Ed altra volta lo si trova commemorato nel 1066, mense Junio, nello stesso codice del Piovego, per una promessa di censo delle saline appartenenti alla sua chiesa. Lo si trova altresì sottoscritto, nel 1074, in settembre, ad un diploma del doge Domenico Selvo a favore della chiesa e del patriarcato di Grado. Ed anche nell' anno seguente si ba memoria di lui, nella promessa, ch'egli fece, di accettare e conservare come proprietà della sua cattedrale alcune terre, che il popolo di Equilio avevale donato. Egli dev'essere vissuto senza dubbio alcuni anni ancora, perchè di STEFANO II Dolfin, che gli fu successore, si comincia a trovare memoria soltanto nel luglio dell' anno 1084: la quale memoria è il suo giuramento di obbedienza al metropolitano Giovanni Saponario patriarca di Grado. E viveva anche nel maggio del 1090, come attestano documenti dell'archivio patriarcale.

Lo sussegul GIOVANNI Gradenigo, il quale pres;ò il giuramento di obbedienza al patriarca Pietro Badoaro, nel dicembre del 1097; ed ́un seltennio dipoi diventò anch'egli patriarca, successore di quello. A lui successe VITALE Stemanello, ignorato dall' Ughelli e dal Coleti, ma commemorato in un documento del codice del Piovego (5), sotto l'anno 1112, per la concessione,

(1) Ital. sacr., tom. X, cól. 76 e seg. (2) Cod. Publicorum.

(3) Cod. Publ. lit. A.

:

ch'egli fece, di un pezzo di terreno del suo vescovato, per costruirvi hospitalem et ecclesiam in honorem Dei et omnium sanctorum et beati Leonardi Confessoris. Reggeva la chiesa equilina, nel 1127 GIOVANNI II, che nel concilio provinciale gradese sottoscriveva alla sentenza in favore di Stefano Silverio vescovo di Torcello e nel 4431, n'è registrata nel codice del Piovego (1) una locazione di acque colle parole seguenti: « Anno ab » Incarnatione Domini millesimo centesimo trigesimo primo, mense augu»sti Indictione IX. Equili. Ego quidem Jobannes Christoph. Dei gratia » Equilensis episcopus cum meis successoribus damus et concedimus tibi » Petro Signolo, filio Dominici Signolo de Rivoalto, de confinio s. Raphaë»lis et tuis heredibus, hoc est, unam aquam nostri episcopatus, quae » appellatur Vagulus etc. Un ROBERTO Vescovo di Equilio ci è fatto palese da una carta di locazione, scritta nel 1140, mense sept. Indict. VI; ed è commemorato per simile ragione anche nell'anno 1142. Visse più tardi, ma non se ne hanno memorie. Del suo successore DOMENICO Minio, si ha notizia nel 4152, perchè in quest'anno trovavasi al sinodo provinciale del patriarca Enrico Dandolo, ed ivi sottoscrisse alla difesa del pievano di santa Maria di Murano. Circa l'anno 1160 era vescovo di Gesolo un PIETRO II l'asqualigo ommesso dall' Ughelli e dal suo continuatore Coleti, ma commemorato nello stesso codice del Piovego (2), ove sotto l'anno 1192 si trova altresì il nome di altri due successori di lui, colle seguenti parole: « Testificamur nos Bartholomaeus et Thanael Mauro de

D

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Equilo, quia episcopus Petrus Pasqualigo, et episcopus Paschalis, atque episcopus Stephanus Minio de suprascripto Equilo tenuerunt praediclas aquas quiete, etc. » Dei quali tre vescovi il solo PASQUALE fu conosciuto dall' Ughelli sotto l'anno 1169. Nè poi ci seppe dare di esso alcun' altra notizia, tranne, che nel 1172, come narra il cronista Dandolo, fu mandato a Costantinopoli con Manasse Badoaro, per trattare di pace presso l'imperatore Manuele Comneno. E dopo di lui, per la testimonianza surriferita dev' essere collocato, circa l'anno 1174, STEFANO III Minio; a cui trovasi nel 1177 già succeduto FELICE, che sottoscriveva al sinodo tenuto in Venezia dal pontefice Alessandro III. Nè lungamente durò il suo pastorale governo sulla chiesa di Gesolo, perchè nel 1180 se ne trova al possesso della santa cattedra VIVIANO Fioravante, ignorato dall' Ughelli e dagli altri,

(1) Cod. Publ. lit. A. cart. 16.

Vol. IX.

(2) Sotto la lett. B.

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che scrissero di questa chiesa. Egli era priore di san Salvatore di Venezia e fu promosso al vescovato di Equilio dal pontefice Alessandro III: è detto nelle cronache nostre de confinio s. Agnetis, vir in sacra Theologia et in jure canonico peritissimus. Di lui si trova memoria anche nell' anno 1195, per questo documento, registrato nel codice del Piovego e portato altresì dal Cornaro (4):

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« In nomine Domini Dei et Salvatoris nostri Jesu Christi anno mille» simo centesimo nonagesimo tertio mensis Octobris Indictione duodeci» ma Rivoalti. Post concessionis cartam, quam nobis fecistis de quadam ⚫ vestra aqua canalis de Archis nomine (2) usque ad duos annos, quae » est de jure et ratione vestri episcopatus. Promittentes promittimus nos quidem Marcus de Bono et Iohannes Liberius, ambo de Canareclo cum » nostris haeredibus vobis quidem domino Viviano Dei gratia Equilino episcopo et vestris successoribus, quod amodo in antea, usque ad duos » annos in unoquoque anno dare debemus solidos quadraginta pro pen»sione prefatae aquae et cesanum (3) unum. Tali vero ordine, quod in » prima luna ante solemnitatem Omnium Sanctorum solidos viginti vobis » dare debemus, alios autem in prima luna ventam ante festivitatem Na» talis vobis vestrisque successoribus et supradictum cesanum annuatim » sex vel octo dies ante praedictam Nativitatem Christi apportare debe» mus: haec autem, quae supra scripta sunt etc. etc. ut in ea legitur. » Ed altra notizia abbiamo ancora di questo vescovo Viviano sotto il di 29 seltembre 1189, in cui egli, con Clemente vescovo di Città nova, in qualità di delegato apostolico, scomunicò Pietro Badoaro, che rifiutavasi di obbedire a sentenza pronunziata in favore del monastero di san Salvatore (4). A lui trovo succeduto nel 1196 il vescovo STEFANO IV Dolfin, sconosciuto al Coleti ed al Cornaro stesso, ma commemorato in un documento del mese di maggio 1196, Indict. IV, registrato nel codice del Piovego, per un livello da lui concesso di certa acqua ad uso di pescagione.

E dopo lui viene il vescovo MATTEO, che viveva nel 1209. Questi ebbe successore due anni dopo un ANDREA, il quale nell'anno appunto 1211

(1) Eccl. Torcell., part. III, pag. 394. (2) È il famoso canale dell' Arco, tanto celebrato nella storia veneta a cagione delle lunghe risse degli equilini cogli eracliesi.

(3) È una specie di uccello palustre.

(4) Ved. Flam. Corn. Eccl. Ven. illustr., pag. 120 del tom. XIV, Supplem.

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