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Di paterno timor pallido, e bianco Gridò Dedalo al Figlio, allor che il vide Per l'etereo fentiero venir manco.

E quei del folle ardir tofto fi avvide Giovinetto infelice, allor che in pena Preda e ludibrio fù d'onde omicide.

La favola è per te, che adegui appena L'umil Colomba, e credi aver le penne Cinte d'invitta infaticabil lena.

• Come fe la Barchetta, che foftenne Un picciol flutto, andar voglia del pari Con l' altre Navi, e l' Olandefi Antenne.

Oh quanti credon d'Intelletti rari Sortire il pegio, e pofcia in lor paraggio Son Cotino, e Cluvieno *) aflai più chiari!

Meglio faria, fe luminofo raggio Non fcende in te di più propizia Stella, Lafciar le Mufe, e nuovo ordir viaggio.

Ma forfe bafterà limpida e bella Aver la mente? Ah quefto fol non basta Senz' arte, che le forme in lei fuggella

Sappi, che la Natura ella fovrafta Qual nobile Regina; e l'Arte aggiunge Un tal contegno, che beltà non guasta.

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Anzi l'accrefce, e'l fuo valor congiunge

All' Alma genorofa, e rapprefenta
A lei vicin ciò, che faria da lunge.

menzini.

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* Zwei schlechte Dichter, der erstere ein Franzos, def beim Boileau zum öftern, und der zweite ein Römer, der beim Juvenal/ vorkonimt.

Menzini.

Pria con le rozze travi il Mar fi tenta,
Poi la vita commife a un cavo legno
L'antica gente al vello d'Oro intenta.

Moftrò dunque Natura al vago ingegno
Come un tronco full' onda fi foftiene,
Poi l'Arte oprovvi il fuo fabrile ordegno.

Poi diffe: Andiamo alle Peruvie arene,
Cerchian la più remota última terra,
Ricca di preziose argentee vene.

Or vedi come l'Arte è, che differra
Le dubbie ftrade, e come dal profondo
Pelago ufcendo, il porto al fin fi afferra.

Apollo oricrinito, Apollo il biondo,
Se dir baftafle, ogni poeta il dice,
E nel fuo dir pargli toccare il fondo.

Oh di fenno e di cuor turba infelice!
Ogni raggio, che a Febo il crin circonda,
Afpra falli per voi folgore ultrice.

Pur, fe ti piace di folcar queft'onda,
Offerva meco, fe le firti, e i flutti
Schiviam per arte a i defir tuoi feconda.

Siccome fon degli edifici eftrutti
Prime le fondamenta, il parlar bene
Ha mill' altri bei pregj in un redutti.

Oggi il Sabino, e'l Nomentan fe viene,
E pretende il primato; e chi dal monte
Scende, per puro il fuo linguaggio tiene.

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Come vuoi, che dilette, e che s'impronte
In delicata orecchia un, che fpavento
Mette alle Mufe, e n'avvelena il fonte?

Pria conofcer bifogna il puro argento
Del Toscano Parnafo; e'l pronto acume
Fiffar più, che al di fuori, al bel, ch'è dentro.

Dolce d'Ambrofia e d'Eloquenza un fiume
Scorrer vedrai dell' umil Sorga in riva
Per quei, ch'è de' Poeti onore e lume.

Nè chieder devi ond' egli eterno viva:
Perchè 'l viver eterno a quel fi debbe
Stil puro e terfo, che per lui fioriva.

E fe per grotti e scogli ir gli rincrebbe,
Penfi, che non aveffe il piè gagliardo
Di montar dove ogni altro Ingegno andrebbe.

Or or t' intendo: neghittofo e tardo
Stimi, chi, come te, non iftrabalza
Senz' aver del coftume altro riguardo.

E non penfi s'è proprio, e fe vi calza Un detto più, che l'altro; e sferzi, e sproni Il puledro mal domo in ogni balza.

Perchè per poetar non ti proponi

L'efempio di coloro, ond' è, che in pregio
Italia vince l' Europee Nazioni?

F tu fegui color, che fon di sfregio
Alle nobili Mufe; e orpello e trefche
Credi, che fien paludamento regio.

Ciò che mandi il Perù, cio che fi pefche
Nel mar d'Arabia, in un deforme oggetto
Ne farà mai, che gli altrui sguardi adesche.

Anzi quel, che di ricco, or pur d'eletto
Gli metti in torno, viapiù al vivo scuopre
Della bruttezza il repugnante effetto.

Mengini.

Mienzini.

Qui un faggio Spirto la prudenza adopre; Che modesta beità talvolta appare,

Meglio qualor fugge fe fteffa, e cuopre.

Vedi, che la Pittura illuftri, e chiare
Fa refultar le parti allor, che fprezza
O adombra quel, che fi potea moftrare.

Tronca ciò, che ridonda: e la Chiarezza Sia compagna a tuoi feritti; ofcuro carme Talor fi aborre, e poco ancor fi apprezza.

Combatte con la polve, e con le tarmë
Libro, che non s'intende; e da sì acerbo
Fato fol può perfpicuitade aitarme.

Ben vedi, come in un congiungo e ferbo
Nobiltade e Chiarezza: ambo fon poli
D'un fcritto illuftre: or fa di ciò riferbo,

Purchè all' Ofcurità mentre t'involi,
Non dia nello fmaccato, che dimostra
Cervel, che non fi fcaldi, e che non voli,

E con l'oscurità ben spesso gioftra
Chi vuol effer concifo: ed il diffuso
Nel contrario talor troppo fi proftra.

Altri fortiro un natural confufo,`
Un buono stile
In mezzo di due estremi sta rinchiufo.

E vorrebbon dir tutto.

Niccoboni.

Lodovico Riccoboni, geb. zu Modena1um das Jahr 1682, gest. zu Paris, 1753. Er war selbst Echauspieler, und, nach vielen vergeblichen Bemühungen zur Verbesserung der Bühne seiner Nation, Anführer einer zu Varis 1716 ers richteten italiänischen Gesellschaft bis 1729, da er als Hauss hofmeister in die Dienste des Herzogs von Parma gieng, nach dessen Tode er aber wieder zu Paris, vom Theater ent; fernt, lebte. Sein Gedicht L'Arte Rappresentativa, welches aus sechs Abtheilungen, oder Capitoli, besicht, schrieb er schon in seinen jüngern Jahren. Es ist als Anhang des erz ften Bandes seiner Hiftoire du Theatre Italien, unter der Aufschrift, London, 1728, gr. 8. gedruckt. Er hat darin die vornehmsten Regeln der Schauspielkunst, vornehmlich in Rücksicht auf seine Nation und auf die komische Gattung, zwar nicht sehr methodisch, aber lebhaft und eindringlich vorgetragen; und manche dem Dichter und Schauspieler ges gebne Winke, manche von andern ganz übersehene feine Bes merkungen, verrathen den geübten Künstler, der sich damals schon viel Erfahrung gesammelt, und über seine Kunst reifa lich nachgedacht hatte. In dem hier mitgetheilten vierten Kapitel lehrt er den angehenden Schauspieler die Plichten, welche er in Ansehung des Gebehrdenspiels, der Abänderung gen der Stimme, und des lebendigen Ausdrucks der Leidens schaften zu beobachten hat, und ermuntert ihn, dieß alles in der Natur und im wirklichen Leben zu ftudiren.

DELL' ARTE RAPPRESENTATIVA,
Capitolo IV.

Tu che allo specchio ai ben ftudiato
Dr comporti le braccia, il fianco, il petto
Giurerei che il miglior ti fei fcordato.
Vedefti mai di profilo o in profpetto
Tutti quei moti, che dee fare il volta
Di varia paffion, nel vario effetto?

Riccoboni.

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