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re. Per lealtà, e riguardo all' ammiraglio di Sicilia, si pronto alle vendette, l'anno appresso gli fu resa incontanente una nave carica di grano per Pisa, predata da mercanti genovesi, con quel pretesto della cerca di merci pisane: e aggiunsevi il comune, indennità di lire duemiladugento, ambasciatori a Federigo, che lui e Ruggiero sincerasser della fede genovese. Mantenuta fu questa poi contro la seduzion di larghe promesse, e la riputazion d' un'ambasciata di molti cavalieri di re Carlo, col conte d'Artois e legati della corte di Roma, allo scorcio del medesimo anno novantadue. Perchè i cittadini, sebbene divisi e parteggianti, sì che due anni appresso vennero al sangue, d'accordo rifiutaron ora la lega col re di Napoli, promettendo solo rigorosissima neutralità; tantochè dispettosi, senz'alcun frutto partironsi gli ambasciatori. 2

Intanto volgean le cose d' Oriente ad estrema rovina: Acri, in primavera del novantuno, cadde sotto le armi d'Egitto; e le stragi dei battezzati, gli atroci trionfi degli Infedeli, davano argomento per tutta cristianità

a 16.

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1 Bart. de Neocastro, cap. 119. Raynald, Ann. eccl., 1292, § 14

Questa deliberazione della repubblica non si legge negli Annali genovesi; ma gli altri fatti che vi si narrano, la rendon probabilissima e forse necessaria, come la riferisce il Neocastro, aggiugnendo con grande esattezza gli stessi nomi del podestà e de' capitani che son registrati ne'detti Annali sotto quell'anno.

Nel Capmany, Memorias, etc., tom. IV, documento 6, si leggono le istruzioni date da Giacomo di Barcellona a' 3 aprile 1292, a Oberto di Voltra suo legato in Genova. Il re d' Aragona si lagnava di armamenti fatti contro di lui, di qualche ostilità commessa in mare, e de' commerci interrotti colla Sicilia; e chiedea che si assicurassero le amichevoli comunicazioni. Copie di queste istruzioni furon mandate a cinque fratelli Doria, tre Spinola, due Volta, due Escatrafico, Niccolò Fiesco, e Manuele Zaccaria.

2 Annali genovesi, presso Muratori, Rer. ital. script., tom. VI, pag. 603, 604, 605.

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Gio. Villani, lib. 7, cap. 145.

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a lamentazioni piene di rabbia; correndo le lingue alla corte di Roma, a' tesori e al sangue sparsi contro Sicilia nel nome santo della croce. Però fu necessitata la romana corte a gridar addosso a' maomettisti, tacendo per poco il nome della Sicilia.' Ratteneva ancora il papa un suo segreto pendío a parte ghibellina, e l'animo tutto posto al vicino intento d' aggrandire i Colonnesi, più che alla rimota ristorazione di Sicilia o di Terrasanta. Ed era molto abbassata parte guelfa in Italia, per quelle vittorie di Giacomo e de' Siciliani: il reame di Napoli, scemo di danari e di fortuna, e di territorio per le occupate Calabrie, governato da principe non guerriero, e stracco di tanti sforzi, male aiutavasi alla guerra.' La Sicilia non la rincalzava, per non averne cagione; ella sicura al di dentro, nè vogliosa d'estendere vieppiù in terraferma il dominio del suo re. Pertanto in questi due anni, ancorché fossero corsi i termini della tregua di Gaeta, poco si travagliò con le armi. Turbolente passioni, di feudatarj, faceano in Calabria or perdere una terra, or un'altra acquistare. Blasco di Alagona, capitano per Giacomo, occupata Montalto, e sconfitto e preso Guidon da Primerano, guerriero di nome, mentre già meditava più importanti fatti, per accusa di frode all' erario, fu costretto a tornar subito in Catalogna. Lo stesso ammiraglio, rivenuto in questo tempo in Sicilia, e uscito a far giusta guerra, la governò debolmente.

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Allestite in Messina trenta galee, sapendo da' suoi

1 Raynald., Ann. eccl., 1291, SS 56, 58, 59.

2 Gio. Villani, lib. 7, cap. 119, 121, 151.

La penuria di danari e debolezza del governo di Napoli in questo periodo, si scorgon da parecchi diplomi del 1292-94, presso lo Scotto, Syllabus, tom. II, pag. 91, 102, 111, 115, 131, 132, 149.

Carlo chiedea danari per la guerra o col pretesto della guerra. Levò una nuova colletta, che si chiamava il Terzo. Ibid., pag. 91 e 131.

Nic. Speciale, lib. 2, cap. 18.

informatori nessun armamento farsi ne' porti di Napoli e di Brindisi, navigò di giugno milledugentonovantadue ver' Cotrone, donde Guglielmo Estendard, con parecchie centinaja di cavalli, era per muover contro gli acquisti siciliani di Calabria. Il quale, scoperta la flotta, correa co' cavalli a por l'agguato alle Castella, sotto il capo Rizzuto; e l'ammiraglio addandosene, tolta con seco picciola man di cavalli, spiccò per altra via il grosso delle genti: e si da due bande assaltarono alla sprovvista l'agguato francese. Estendard, cupidamente cercato a morte da'nostri, ebbe tre ferite, e il veloce cavallo il campò. Abbattutosi il suo all'ammiraglio mentre incalzava al passaggio d'un ponte, preser tanto fiato i nemici, da poter lasciar il campo con minore strage: ma ne cadder molti prigioni; tra i quali un Riccardo da Santa Sofia, che posto a guardia di Cotrone da re Giacomo, l'avea data agli Angioini; ond'or incontrò il sommo supplizio.

Soddisfatto con questa scaramuccia all' onor dell'armamento che la Sicilia forniva contro i nimici, Loria voltollo all' Arcipelago, sotto specie di riscuotere la dote d'Elena moglie di Manfredi, e il sussidio promesso da Michele Paleologo a Pietro d' Aragona innanzi la rivoluzione di Sicilia, ovvero di combattere i feudatarj francesi della Morea, e le armi che teneanvi gli Angioini di Napoli; ma in effetto per saziarsi nelle solite scorrerie, segnando la strada agli avventurieri che,

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Sanuto, op. cit. pag. 6; il quale dice aver udito questo motivo da Miser Ruzero del Oria istesso. »

2 Bart. de Neocastro, cap. 121, 122, 123. Nic. Speciale, lib 2. cap. 19. Il Montaner, cap. 159, 180, racconta queste scorrerie non senza anacronismi e divario in molti fatti, Ei la pone innanzi l'impresa di Giacomo del 1289; fa depredar prima delle isole e della Morea, anche Tolomitta ei mari d'Egitto, e poi Patrasso e Cefalonia; di che non fan motto gli scrittori siciliani. Costui e Speciale portano in terra d' Otranto l'affronto con Guglielmo Estendard, che il Neocastro dice avvenuto alle Castella; ed io così anche ho scritto, per parermi il Neocastro diligentissimo in questo

finita la siciliana guerra, dovean flagellare la Grecia con pari valore e avarizia. Corfù, Candia, Malvasia, Scio depredo o messe a taglia, sotto specie ch'avesser porto aiuto a' Francesi; tolse a Scio gran copia di mastice; a Malvasia, oltre il bottino, l'arcivescovo, del quale poi ebbe grosso riscatto: e, radendo la Morea, fu a Corone, a Chiarenza; e prima a Modone virtuosamente combattè contro i Greci che gli tesero insidie. Tornatosi a Messina con più ricchezza che schietta gloria, seppe che i corsali di Positano ad Amalfi molestasser le navi mercantesche siciliane; ond' ei divisava già con l'infante Federigo, alla nuova stagione portar su quelle spiagge quaranta galee e duemila fanti leggieri, ardere barche e ville, e trinceatosi in un monte, dar il guasto a tutta la provincia: se non che trapelò in Napoli il disegno, e al tutto lo dileguarono le pratiche della pace.

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Perchè Giacomo trovossi in Aragona nelle necessità medesime d'Alfonso; e alla Sicilia toccò nuovamente ber l'amaro delle dominazioni straniere. Dieci anni d'infelicissima guerra avean provato a' nemici, che se la Sicilia vincer si potea, si potea soltanto in Ispagna. Ripigliaron dunque i trattati, tronchi dalla morte d'Alfonso, ai quali il re d'Aragona era tuttavia sforzato dal privilegio del Valois, dalle armi di Francia, dalle arti di Roma; e vi si aggiunsero i brogli di Sancio re di Castiglia, il quale, per fuggir di trovarsi in mezzo a Francia e Aragona guerreggianti, sollecitava gli accordi in palese, e anco nascosamente pe' partigiani suoi in quest'ultimo reame. Allor Giacomo, fatto accorto dall'espresso voler delle corti e della nazione tutta, 2 ch'ei tener non potrebbe ambo i reami,

periodo. Delle minacce della flotta siciliana su le coste pugliesi nella state del 1292, portan testimonianza tre diplomi presso lo Scotto, Syllabus, tom. II pag, 95, 98.

1 Bart. de Neocastro, cap. 123, 124,

2 Si ritrae da tutti gli autori citati in questo Capitolo; e meglio dal

pensò lasciar la Sicilia, cagione di tanti travagli, che non rendeagli d'altronde più che l'Aragona nè obbedienza nè danari, pei limiti messi al potere regio, le misurate gravezze, la fatica e spendio della difesa. La morte di papa Niccolò, d'aprile del novantadue, la guerra che scoppio l'anno appresso tra Francia e Inghilterra, la lunga vacanza del pontificato, differirono ma non dileguarono la pace, comandata da interior forza nello stato aragonese. Calovvisi Giacomo più volentieri per proffertagli terra e moneta, e soprattutto per isperanza di resfar signore dei conquisti sopra Giacomo suo zio, re di Maiorca. Maneggiò il trattato, com'era sua indole, chiuso, ambidestro, dissimulante; si che ad altri parve che beffasse gli Angioini, lasciando cader la corona di Sicilia dal suo capo su quel di Federigo: ma forse fu il contrario; e certo, che avvolgendosi tra le torte vie, n'uscì, com'avvien sovente, con infamia e poco guadagno.

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La frode ebbe a lottar questa volta con la virtù d'un popolo rigoglioso per la libertà novella, non già caduto in licenza e discordia; e però fu vinta la frode. La Sicilia, dopo quel felice ardimento del Vespro, conoscea le sue forze; era piena d'alti spiriti per le guadagnate franchigie civili, la nuova prosperità materiale, la provata virtù nelle armi, i molti ingegni esercitati nelle cose di Stato quando divenner cose pubbliche. I quali elementi di vigor politico stavano più nelle città che ne' baroni; per la riputazion de' partiti presi da quelle nell' ottantadue, delle grosse forze mandate per dieci anni interi in

soprannome di regina della santa pace, che dier gli Aragonesi e' Catalani a Bianca, figliuola di Carlo II, quando si maritò con Giacomo per effetto di questo bramato accordo, Montaner, cap. 182.

1 Queste occulte cagioni, che trascinarono Giacomo, divenuto re d'Aragona, ad abbandonare o tradir la Sicilia collegandosi co' suoi nimici, si ritraggono qua e là da tutte le autorità citate nel presente Capitolo; e massime dal Surita, Ann. d'Aragona, lib. 5, cap. 1 a 10.

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