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uo e il Dempstero son di parere, che Giano incominciasse a regnare in Italia l'anno 1880. dalla creazione del mondo, cioè 225. anni dopo il diluvio (1). Giano dunque e Saturno furono i primi ad abitare, ed a regnare in Italia, e furono i primi a battervi come si dice, moneta, in cui da una parte miravasi il doppio volto di Giano, e dall' altra una nave (2), ed allor fu, che fiorì la bella età dell' oro decantata cotanto da' poeti.

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Qua vindice nullo

Sponte sua sine lege fidem, rectumque colebant .
Pœna, metusque aberat

.

Sed erant sine judice tuti;

Contentique cibis nullo cogente creatis.
Arbuteos fœtus, montanaque fraga legebant,
Cornaque, et in duris hærentia mora rubetis,

Et quae deciderant patula Jovis arbore glandes (3)) In Giove e Saturno si crede communemente simboleggiato Noè, il quale veduto aveva il mondo e prima e dopo il diluvio, la qual cosa si volle esprimere nelle monete (che credo non da Giove e Saturno battute, ma qualche secolo dopo dagli Etruschi in memoria di essi colle due facce, e colla nave cioè l'Arca, in cui fu salyato (4); e nell' età di Saturno, o sia dell' oro si volle indicare la vita semplice, frugale, religiosa ed innocente di quei primi ripopolatori della Terra.

Io non dico, che fosse Noè medesimo quello, che venne il primo a popolare l'Italia; ma non è inverisimile, che fosse Jafet suo figlio, vale a dire quegli, che da' nostri poeti fu detto Japeto, e di cui fu finto, che fosse figliuolo del Cielo e della Terra, e padre, di Epimeteo e di Prometeo, d' Atlante e di Espero, tutti padri del genere umano, al dir delle favole, o almeno almeno qualcuno de' suddetti suoi primi discendenti. Infatti gli scrittori tutti pi antichi convengono, che li primi abitatori d'Italia fossero Gente. sopravvanzata al diluvio, e questi furono gli Umbri (5). E siccome

(1) Annus, quo Janus regnare cœpit, vult probabilius Volaterranus lib. 13. Commentar. incidisse in mundi conditi annum 1880. Dempster.lib. 2. cap. 8.

(2) Primus in Italiam creditur venisse Saturnus... Certum tamen est, priorem Janum in Italiam devenisse, ab eoque postea venientem exceptum esse Saturnum.Author Orig. Gent. Rom. Regionem istam, quæ nunc vocatur Italia, regno Janus obtinuit, qui creditur geminam faciem prætulisse.... Cum primus quoque æra signaret, servavit & in hoc Saturni reverentiam, ut quoniam

ille navi fuerat advectus, ex una quidem parte sui capitis effigies; ex altera vero navis exprimeretur... Regnante Jano omnium domos religione, ac sanctitate fuisse mu nitas traditur. Macrob.Saturn.lib.x. cap. 7. (3) Ovid. Metamor.lib.1.

(4) Voss. de Orig. et progressu Idol. lib. I. cap.18. ct 19. Vaset. de Antiqu. numm.Hebr. lib.2. cap.3.

(5) Umbrorum gens antiquissima Italiæ existimatur, ut quos Ombrios a Græcis putent dictos, quod inundatione terrarum im-i bribus superfnissent. Plin. lib.3. cap. 14. b

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si supponeva, che questi Umbri salvati si fossero sulle cime de monti; così furono detti ancora Aborigini, come si ha dall' autore de Orig. Gent. Rom.:,, Quidam tradunt Terris diluvio coopertis passim multos diversarum regionum in montibus (1), ad quos confuconstitisse; ex quibus quosdam sedem quærentes, perve. gerant ctos in Italiam ABORIGINES appellatos, Græca scilicet appellatione a cacuminibus montium. Sicchè Umbri, ed Aborigeni sebbene siano nomi diversi, nulladimeno indicano soltanto quei primi sopravvanzati al diluvio, i quali vennero ad abitar l'Italia. In progresso però di tempo formaron popoli tra lor diversi; e spesso ancora nemici, sebben fossero della medesima origine.

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Questi avvanzi dell' universale diluvio, crescendo e moltiplicando, popolarono prima d'ogn'altra parte l'Etruria, in cui secondo Servio (2) viene l' Umbria compresa; ond' ebbe l'origine l'andi quà tichissimo e potentissimo Regno Etrusco, o sia Italico e di là dall' Appennino da un mare all'altro, e dall'Alpi sino agli estremi confini della Calabria. Fondarono essi prima dodici città di quà dall' Appennino, che furono capi d'origine di altrettante città fondate di poi di là dall'Appennino medesimo (3); e da queste trasmesse altre colonie riempirono l'Italia tutta di popoli che o da' condottieri o per altre ragioni assunsero diversi nomi ma in sostanza erano della stessa origine. E siccome tuttociò av venne in quei tempi antichissimi e prossimi alla dispersione Babelica, e prima che altra nazione estranea trasmigrasse in Italia (4); perciò da scrittori de' tempi posteriori furono chiamati Indigeni, nati da sè stessi, o nativi del luogo, vale a dire nativi d'Italia, non forastieri, nè dalla Grecia, o d' altronde venuti.

Fra i popoli Indigeni furono anch'essi li Siculi; e la lor sede fu il Lazio, come si ha da Dionisio (5): e sono essi tanto anichi in questa parte d' Italia, che come avverte lo stesso stori

(1) Alla supposizione, che si rifuggiassero sulle cime de' monti, può aver dato luogo il posarsi dell' Arca su i monti dell' Armenia, quando cessò il diluvio.

(2) Ad Ænead. lib. 12. vers. 753. (3) Thuscorum ante Romanum Imperium late terra marique opes patuere, mare supero, inferoque, quibus Italia insulæ modo cingitur. Quantum potuerint, nomina sunt argumento, quod alterum Thuscum communi vocabulo gentis, alterum Hadriaticum mare ab Hadria Thuscorum colonia vocavere Italiæ gentes. Ii in utrumque mare vergentes incoluere urbibus duodenis terras prius cis Appenninum ad inferum mare, postea trans Appenninum

totidem, quod capita originis erant coloniis missis. Liv. lib. 5. cap. 19.

(4) I primi esteri, che vennero in Italia, secondo Dionisio, furono gli Enotri 17. età prima delia guerra di Troja; ma la trovarona di già abitata: approdarono prima nel seno occidentale d'Italia, detto Ausenio, fin d'allora abitato dagli Ausonj; penetrarono anche nella Toscana, e tolsero agli Umbri qualche porzione di terra. Sono dunque in Italia più antichi gl' Indigeni degli Enotri.

(5) Urbem terræ, marisque totius principem, quam nunc Ronani habitant, primi in omni memoria tenuisse dicuntur barbari Siculi, Gens indigena. lib.1.

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co (1), niuno sa e può dire se prima di loro fosse il Lazio abitato. E' peraltro assai verisimile, che prima che fosse abitato da' Siculi, fosse il Lazio deserto ed inculto. Se quei primi abitatori d'Italia scampati dall' universale diluvio fissarono la lor dimora nell' Umbria crescendo di poi e moltiplicando dovettero prima d'ogn' altra parte d'Italia popolare l'Etruria e la Sabina, che adjacenti, e confinanti sono dell'Umbria. Dionisio suddetto (2) c' indica l'antichissima sede degli Aborigeni in Rieti. Che dunque vi è di più verisimile ed ovvio, che seguitando gli Umbro-Aborigeni a crescere e moltiplicarsi spedissero delle colonie a popolare le regioni circonvicine, e fra queste il Lazio, ch' era vicino, confinante con l'Etruria e colla Sabina? So, che Dionisio fa i Siculi così chiamati dal re Siculo, secondo lui, figlio, e secondo Solino, fratello d'Italo re d'Italia (3); ma da Fabio Pittore (4) sappiamo, che anche prima d' Italo veniva il Lazio abitato da' Siculi, mentre suscepto Italus Italiæ imperio, tum filiam suam Romam nomine Siculis, et Aboriginibus in Latio præfecit. Egli è dunque assai probabile che gli Aborigeni prendesser nel Lazio il nome di Siculi, non già da un figlio o fratello d' Italo ma dal capo di quella colonia, che vi andò la prima a popolarlo. Ed è ancora assai probabile, che prima ancora, che questa Roma spedita da Italo a presieder nel Lazio vi fondasse la città dal di lei nome chiamata Roma, vi avessero i Siculi fondata l'Ariccia, Gabio, Antenna, e Sicilio, o Siculeto là dove ora è Tivoli, città tutte antichissime.

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Ma niuna cosa potrà farci meglio comprendere a un dipresso il tempo della fondazione dell' Ariccia, quanto il sapere in qual tempo furono i Siculi discacciati dal Lazio ; poichè fondarvi non potevano l' Ariccia se non nel tempo, in cui pacificamente vi dimoravano. Per procedere con chiarezza in questo esame, e concordare alla meglio che sia possibile gli antichi scrittori, che sovente sono in contradizione non solo fra loro, ma talvolta con sè medesimi, convien distinguere l'espulsione de' Siculi da quella parte del Lazio, ch'essi occupavano, dalle espulsioni da essi patite in altre parti d'Italia, finchè vennero costretti a passare in Sicilia. Distinta così una espulsione dalle altre non si verrà più a confondere un tempo coll' altro. Dionisio (5) dopo averci fatto sapere, che i primi abitatori del Lazio furono i Siculi, soggiunge, che aliquanto post pulsis longo bello antiquis Dominis Aborigines eam regiónem occuparunt. Bisogna però credere, che i Siculi ri

(1) Superiori tempore aliosne habuerit colonos, an inculta ea regio fuerit, nemo potest dicere. Ibid.

(2) Ibid.

(3) Sembra, che Dionisio creda quest' Italo discendente d' Enotro. Altri l'anno

re,

creduto un re Sabino: ma se furono due.
diversi Itali, l'Enotro dee esser posterio-
ed anteriore il Sabino, di cui par, che
parli Fabio Pittore.
(4) De Urb. Rom.
(5) Lib. 1.

fuggiatisi presso de' popoli confinanti, non lasciassero pacifici pose sessori della lor conquista gli Aborigeni. Poichè gli Aborigeni, chiamati in lor soccorso i Pelasgi, e debellati i confinanti, come prosiegue Dionisio (1), spinti furono i Siculi oltre il fiume Liri, e soggiogato quanto spazio di terra vi ha tra il predetto fiume ed il Tevere, pacificamente vi regnarono col nome di Aborigeni sino al tempo della guerra di Troja, denominati poi Latini da Latino loro re. Finalmente anche di là dal fiume Liri pace non ebbero i Siculi; poichè perseguitati dagli Opici, secondo Tucidide (2), dagli Enotri, e dagli Japigi, secondo Ellanico Lesbio presso Dionisio (3), abbandonata l'Italia tutta si ritirarono nella Sicilia, cui diedero il nome (4) ·

Da quanto si è detto chiaro apparisce da tre diversi luoghi in diversi tempi esser stati espulsi i Siculi; la prima volta dall' antica lor sede nel Lazio, la seconda da' luoghi al Lazio finitimi costretti a rifugiarsi fra popoli oltre il fiume Liri, la terza finalmente dall' Italia tutta forzati a passare in Sicilia. Questa ultima espulsione dall' Italia seguì tre generazioni avanti la guerra Troj ana Siculum genus reliquit Italiam, sicut Hellanicus Lesbius dicit, tertia generatione ante Trojannm bellum (5), vale a dire ott anta anni prima, secondo Filistio Siracusano: Philistius Siracusanus scribit trajecisse eos anno octogesimo ante bellum Trojanum, come attesta Dionisio suddetto (6) Cento ottantasei anni prima di quella guerra vennero i Pelasgi in Italia (7); sicchè 186. anni prima della medesima dovettero in ajuto degli Aborigeni fare sloggiare i Siculi da3 luoghi al Lazio finitimi, e spingerli di là del Liri. La prima espulsione adunque dall' antica e propria lor sede nel Lazio dee essere avvenuta due secoli e più ancora prima della guerra di Troja, e per conseguenza chi asserisse essere stata fondata l' Ariccia più

(1) Sed postquam Pelasgi opem in debellandis finitimis tulerunt, exacta inde Sicula gente subegerunt sibi totum id terrarum spatium, quod amnes duo Liris, et Tibris terminant. Eas sedes deinde perpetuo tenuit idem hominum genus mutatis tantum appellationibus, yetus Aboriginum nomen servantes usque ad Trojani belli tempora, quando a Latino rege de

nominati sunt Latini. loc. cit.

(2) Siculi ex Italia, ibi namque habitavere, fugientes Opicos in eamdem insulam (Sicilia) trajecerunt. lib. 6.

(3) Lib. 1. Dove parlando del passaggio de Siculi nella Sicilia riporta il parere di Ellanico:,, Hellanicus Lesbius tradit duas. » migrationes ex Italia in Siciliam in prima ætate, priore m Elimorum, quos ait

,, e sedibus suis ejectos ab Enotris, alte39 ram vero anno post quinto Ausonum Ja» pygas fugientium. Horum regem Sicu

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lum dicit, a quo nomen sit inditum » tam genti, quam insulæ :,, Queste ultime parole provano, che sotto nome di Elimi, e di Ausonj parla Ellanico de' Siculi, ed intanto li chiama Elimi ed Ausonj, perchè in tale occasione furono cacciati dal paese degli Elimi, e degli Ausonj, da' quali furono accolti, quando oltrepassar dovettero il fiume Liri.

(4) Ab Italis, qui dicebantur Siculi, in eam profectis Siciliam dixere. Diodor. Sicul. lib. 6.

.

(5) Lib. 1.
(6) Ibid.
(7) Ibid.

secoli prima della guerra sudetta forse non andarebbe lungi dal vero. Il P. Kirker (1) dall' autorità degli antichi scrittori deduce essere stata fondata l' Ariccia quasi cinquecento anni prima della guerra di Troja; e su questi fondamenti il Cluverio (2) stabilisce principi dell' Ariccia nell' anno del mondo 2752., innanzi l' Incarnazione del Signore 1613., e prima della fondazione di Roma 928. Se non vi fosse l'autorità di Cicerone, il quale in brevi parole innalza tanto l'antichità dell'Ariccia, chiamandola Municipium vetustate antiquissimum: se Solino non avesse resa nota l'antichissima sua fondazione; e se Strabone, Appiano, Cornelio Tacito, ed altri antichi scrittori non avessero detto essere l'Ariccia una tra le antichissime città del Lazio, sembrarebbe troppo ampolloso ed inverisimile il computo fatto dal Cluverio.

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Ma nasce qui il dubbio, come mai di una città qual era l'Ariccia, fondata più secoli prima della guerra Trojana, presso gli antichi scrittori non si faccia altra menzione, che della sua fondazione sino ai tempi posteriori alla guerra medesima, cioè sino alla venuta d' Ippolito nel Lazio. Se ci atteniamo alla favola facile è la risposta. I Siculi e gli Aborigeni, uomini rozzi, sil vestri, e quasi inumani non edificarono le loro città a somiglianza delle nostre, ma vi scavarono antri e spelonche, le quali tennero in luogo di case. Vivevano a guisa di bruti, cibandosi di ghiande e d'erbe; e abitando nelle selve, le foglie degli alberi somministravano loro il riposo (3). Questa miserabil vita menarono essi fino a tanto che giunse a queste parti Satnrno (4), il quale. discacciato da Giove suo figlio venne in questa nostra parte d'Italia, in cui regnava Giano, o Jafet, o altro di lui discendente, da cui umanamente fu ricevuto, e appresso di quello visse occulto,. e in certo modo latitavit ; d' onde la nostra regione fu chiamata Latium (5). Non è meraviglia dunque, se per il lasso di più secoli niuna azione gloriosa leggasi degli antichi Aricini. Nè anche. meraviglia recar ci deve, che un forastiere, qual era Ippolito (se. è vera la di lui venuta nell' Ariccia), ne divenisse forse anche il padrone; lo che può aver dato motivo a molti scrittori (6) di aver-

(1) Ariciam, vulgo la Riccia, unam ex. antiquissimis Latii urbibus fuisse, Strabo, Appianus, et Cornelius Tacitus referunt ;. conditorem ejus Archilocum vetustissimorum Siculorum Ducem, Solinus refert, ab eodemque Erminam vocitatam. . . a Siculis antequam ab Aboriginibus, et Pelasgis pellerentur, quingentis fere ante bellum Trojanum annis conditam. Lat, vet, et nov. p.1. cap. 6.

(2) Ital. antiqu. lib. 3. cap.4. pag. 970.
(3) Sed glandem quercus oracula prima
ferebant:

Hæc cibus, et duri cespitis herba thorj.

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Sylva domus fuerat, cibus herba, cu bilia frondes.

Ovid. Fast. lib. 3. Eleg. 9..

(4) Quondam hoc Indigene vivebant mo-re, priusquam

Sumeret agrestem posito diademate falcem

Saturnus fugiens. Juven. Sat. 13.v. 38.. (5)... his etiam tutus latuisset in oris. Virg. Ænead. lib. 7. Ovid. Fast. lib. 1. Macrob. Saturn. lib. 1. cap. 7. et 8.

(6) Carolus Stephanus in Dictionario Geographico v. Aricia, et alii Dictionario

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