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lo creduto il fondatore. Era egli dotato di bellezza straordinaria, arricchito di prudenza, scienza, scienza, soavità, modestia, e di tutte quelle virtù, delle quali fornito creder dobbiamo un figlio di Teseo re di Atene, e di Artenope regina delle Amazoni. Poté egli dunque informare i rozzi costumi degli antichi Aricini, divenire loro capo, dare una nuova forma alle abitazioni della loro città. e renderla memorabile nelle età future.

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Per dimostrare però quanto scioccamente abbiano su di ciò immaginato i poeti, piacemi riportare il sentimento del Silvestri in una nota alli sovraccennati versi di Giovenale Sat. 13. ad vers. 38. Dappoichè (dic' egli ) scacciato Saturno da Giove suo figliuolo dal regno, come finsero i poeti, si ricovrò appresso Giano antichissimo re di quel paese, che Lazio poscia fu detto, perchè his etiam tutus latuisset in oris; dove datosi all'esercizio dell' agricoltura insegnò a quei popoli, peraltro rozzi e soliti a vi,, ver di ghiande e d' altri frutti, che spontaneamente produce,, va la terra, l'uso delle biade, come si legge appresso Macro,, bio Saturn.lib.1.cap.7., e 8., e nell' 8. di Virgilio. Ciò però attribuiscono altri a Cerere, altri a Trittolemo, altri a Dionisio, altri ad Osiride (cred' io ) secondo la diversità delle regioni, che restarono con si necessaria invenzione beneficate. Essendo anzi ,, appresso di noi verità incontrastabile, aver l'arte dell'agricoltu ra avuto il suo principio nel mondo sin dal nostro primo padre Adamo, a cui fu insegnata dalla divina Sapienza con quel comando in sudore vultus tui vesceris pane, S. Agostino de Civit. Dei l. 7. c. 19. deridendo tal poetica finzione di Saturno, così ne discorre Falcem habet propter agriculturam. Certe illo regnante nondum erat agricultura, et ideo priora ejus tempora perhibentur quia primi homines ex his vivebant seminibus, quæ terra sponte gignebat. An falcem, sceptro perdito, accepit, ut qui primis temporibus rex fuerat otiosus, filio regnante, fieret operarius laborio

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Non avea certamente bisogno Noè, o Giafet, o chiunque altro siasi stato de' loro primi discendenti, che venne a popolare l'Italia e il Lazio, che venisse Saturno ad insegnargli l'arte agraria, e a fabbricare città; e che in seguito venisse Ippolito a riformare i loro rozzi costumi. Noè era agricoltore (1), e tanto prima quanto dopo il diluvio aveano abitato nelle città, non nelle spelonche. Conviene dunque dire, che se negli antichi scrittori si trova soltanto la fondazione dell' Ariccia, e si tacciono per più secoli le gesta, e le azioni de' suoi antichi cittadini; ciò fu, perchè o quel le rimasero sepolte nelle tenebre di quelle vetuste età o perchè

rum compilatores. E prima di essi da Virgilio Encad.lib.7.9.773. Unde etiam Trivia templo, lucisque sacratis.

(1) Capitque Noe vir agricola exercere terram. Gen. cap. 9. vers. 20.

furono comprese e confuse sotto i nomi di Indigeni, Aborigeni, Siculi, Pelasgi &c.; o finalmente, il che è più facile ) perchè non furono di tale pregio, che meritassero di essere a' posteri tramandate.

Dalle arme, o stemma delle città hanno dedotto alcuni scrittori l'antichità de' luoghi, de' quali scrivevano. Lo stesso poteva dirsi dell'Ariccia, la quale porta per stemma una donna con corona in testa, con scettro in mano e con paludamiento reale. In essa si è da tutti creduto rappresentare Ariccia moglie d' Ippolito, di stirpe reale, chiamata dal volgo Aricino la Regina Ariccia. Sono stato sempre in dubbio, se questo stemma sia stato usato ne' secoli passati nel sigillo del commune dell' Ariccia, in cui vi è l' effigie sudetta di donna con l' epigrafc intorno Universitas Aricia poichè tengo presso di me un sigillo di legno, il quale ha nel mezzo queste sole lettere AR., cioè Aricia, e che diceami il mio genitore, essere l'antico sigillo della Communità dell' Ariccia rimasto in casa di Lucido Lucidi mio avo, il quale per molti anni esercitò la carica di segretario della Communità Aricina nel secolo passato. Ho fatto perciò molte diligenze per scuoprirne il vero; ed ho rilevato essere un fondamento molto fallace di prova d' antichità lo stemma appoggiato alla volgare tradizione. Il sigillo antico dunque era quello di legno con l' epigrafe AR.: e solamente nell' anno 1613. fu fatto quello con l'impressione della donna reale, come si ha da un publico consiglio tenuto li 4. agosto di detto anno, nel quale fu proposto (1):,, da detti sigg. Massari essere espediente fare il nuovo sigillo ... con l'impressione di una don,, na, avendo avuto la Terra dell'Ariccia il nome da una donna moglie del re stesso edificatore di detta Terra anticamente città detta Aritia ... e fu risoluto circa il capo del sigillo, et impressione proposta da farsi dicono tutti viva voce, si facci con l'impressione della donna, per prezzo, , per prezzo, e come dirà S. E.: Convien supporre, che l'idea di S. E., cioè del duca Savelli non combinasse con quella de' consiglieri. Poichè in altro consiglio tenuto li 3. gennaro 1714. troviamo Aritia permutata in Egeria. In esso leggesi (2)=,, Atteso che altre volte questa magnifica Com,, munità della Riccia abbia ordinato per consiglio fatto sotto li 4. agosto 1613. da me Andrea Stocchetto, e compagni, che dovessimo far fare un sigillo dell' impronto secondo la proposta di detto consiglio, il che non abbiamo mancato effettuare, co,, me figliuoli d'obbedienza. Però essendo già spírato l'anno del nostro Messaratico. . . Consegniamo a voi sigg. Messari il detto sigillo con l'impronto di Egeria in acciaro =,, Ciò non ostante il commune dell' Ariccia ha sempre creduto e crede tuttora, che in quella donna sia espressa Aricia moglie d' Ippolito .

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(1) Consil. lib. 1, pag. 64. a ter.

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(2) Ibidem pag. 65, a ter

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CA P. III

Del sito, clima, ed estensione di territorio, linguaggio, ed era degli antichi Aricini.

Sorge

Orge l'Ariccia sopra amena elevata collina all'altezza del po10 , giusta la geografia di Tolomeo Alessandrino (1) di gr. 42. min. 20., e alla longitudine di gradi 37., ma secondo le ultime più esatte osservazioni all' altezza di gr. 41., 43.1, 50.11, e alla longitudine di gr. 30. 10. 31. Ella è distante da Albano poco meno di un miglio. E' circondata verso tramontana e levante da' colli Aricini, dal Monte Albano ora detto Monte Cavo, dalla Fajola, e dal Monte Gentile, e verso scirocco dal Monte Pardo. E' aperta dalla parte di ostro, ponente e maestro sino al ma-' re tirreno o pontificio, da cui è lontana 12. miglia in circa in cui a nudo occhio si vedono valicare le barche ancorchè piccole. Deliziosa è la veduta, che dall' Ariccia si gode di tutta la romana compagna, incominciando di là da Ostia sino al monte Circejo, ora detto di s. Felicita. Onde con tutta ragione può ad essa applicarsi la sentenza di Orazio Epist. 10. ad Aristium Fuscum: Laudaturque domus, longos que conspicit agros.

ed

Strabone pone l' Ariccia distante da Roma 160. stadj (2), cui! alcuni ragguagliano a 20. miglia romane. L' Itinerario d'Antoni-no non ne mette che 16. (3). L' Itinerario Gerosolimitano, o Burdigalese ne assegna 14. (4), e la Tavola Peutingeriana 13. (5), Dionisio d'Alicarnasso (6), e Filostrato (7) la pongono distante da Roma 15. e più miglia. Il Cluverio (8) riferisce, che gli antichi costumarono contare 16. miglia da Roma all' Ariccia, ma che gli abitanti, ed egli stesso non ne riconoscevano che 13. Onde crede, che le 16. miglia fissate dagli antichi giungessero al bosco dell'Ariccia, luogo che la superstizione pagana avea reso più celebre della stessa città.

La difficoltà di stabilire la vera distanza dell' Ariccia da Roma nasce dalla diversità della misura o lunghezza data dagli sopracitati scrittori allo stadio. I Greci nelle loro misure si serviva-: no dello stadio e sebbene non convengano tra loro gli scrittori in determinare di quello la lunghezza; la più comune opinione pe

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ro

et Critique par M. Martiniere.
(6) Occurrerunt sibi invicem ad urbem;
Ariciam, que distat stadia centum viginti,
ab Urbe. lib. 6.

(7) In vit. Apollon. lib. 4. cap. 12.
(8) Ital, antiq. lib. 3. pag. 920,

rò si è, che la lunghezza di uno stadio equivale a 125. passi geometrici, i quali formano 625. piedi. Frontino tra gli altri (1) espressamente asserisce, che lo stadio costa di piedi 625. Plinio ancora (2) chiaramente stabilisce la lunghezza di 125. passi (cioè piedi 625. uguale ad uno stadio. E in questa opinione un miglio è composto di otto stadj secondo la commune misura. Lo stesso confermasi da Columella (3)

Per lo contrario Suida (4) dice, che stadj sette e mezzo formano un miglio e Plutarco (5) fa un miglio uguale a poco meno di 8. stadj. Ma questi due scrittori non sono a sè stessi conformi; mentre il primo (6) dice, che dieci miglia fanno 80. stadj, ed il secondo (7) è a sè stesso contrario. Tutto ciò fu già avvertito dall' autore della Dissertazione de Oppido Labici. Gellio finalmente (8) dice, che lo stadio Olimpico, e gli altri stadj nella Grecia. erano format di 60ɔ. piedi.

Questa misura dello stadio fu un ritrovamento di Ercole, il quale riferiscono aver misurato quello stadio, che era in Pisa presso il tempio di Giove Olimpio, e che ne determinasse la lunghezza di 625. piedi: e quantunque questa sorte di misura divenisse usuale nella Grecia; contuttociò non fu in tutti i luoghi uguale. La differenza benchè piccolissima che passar poteva tra il piede di Ercole, e il piede di un altro, che misurar voleva uno stadio fu cagione, che questo era in un luogo più lungo, che in un altro. Ciò fu avvertito dal Facciolati (9). Anche il Macri (10) conviene, che questa varietà di misura nello stadio nasce dalla diversità usata nelle diverse regioni, come accade anche a' nostri giorni, che in alcune provincie il miglio è più lungo, che in un',

altra.

Se non convengono gli scrittori nella quantità de' piedi, che formar devono uno stadio, molto meno convengono nella quantità de' digiti, che compor debbono un piede. Frontino definisce il piede in quattro palmi, e dodici once; ed altri in quattro palmi, dodici once e sei digiti, come si ha da Igino (11), e da Plinio (12). I Greci per la misura di un piede intendevano sedici digiti, come riferisce Suida (13). Il piede romano conteneva digiti tredici con un triente. La stessa misura era del piede Italico e del Nicomediano. Il piede regio finalmente era composto di digiti sedici e quattro paleste (misura del palmo minore, che costava di quattro digiti geometrici), come riferisce il Macri (14) .

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In tanta varietà di opinioni e di misure non è possibiie definire la lunghezza di uno stadio. Il Manchablon (1) così parla dello stadio,, Stadio, antica misura itineraria. Lo stadio degli Ebrei era di quattrocento braccia, cioè, di circa cento quattordici pertiche, misura di Parigi : quello de' Greci comprende a cento venticinque passi geometrici, ovvero solamente, secondo alcuni, centotredici. Otto stadj corrispondono all'incirca al miglio d'Italia; e ne abbisognerebbero più di venti per fare una lega di Francia. Per altro sembra necessario, per risolvere molte difficoltà negli antichi autori, di distinguere due sorte di stadj, i piccoli, ch' erano di seicento piedi comuni; e i grandi di seicento gran piedi, che ne faceano mille di comuni. Giudicando degli stadj secondo questo computo, non abbisognavano al miglio romano che sette grandi stadj e mezzo: laddove il miglio medesimo contenea dodici piccoli stadj e mezzo,, . Del piede poi così ne parla lo stesso autore (2). Piede, misura d'intervallo presso i Greci e i Romani, che lo dividevano egualmente in quattro palmi. Il palmo aveva quattro dita, che facevano un poco men di tre once imperocchè il piede greco non aveva che undici once e cinque linee del nostro piede e il piede romano aveva ancora circa cinque linee meno del piede greco.,,

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Tornando ora a discorrere della distanza che passava tra l'Ariccia e Roma, non ostante la discrepanza di scrittori cotanto accreditati, e di misure cotanto diverse, si sforza di conciliarle tutte il ch. sig. d' Anville (3). Riflette egli pertanto, che per per istabilire la distanza da Roma all'Ariccia, si accordi a 16. miglia secondo lo Scoliaste di Lucano, pubblicato dall' Oudendorp, il quale dice, tantum loci occupavit, ut sedecim millia teneret. Tantum enim Aricia distat a Roma (4), E' da avvertirsi, come egli già fece osservare nel trattato delle misure Itinerarie, che li 160. stadj indicati da Strabone corrispondono a 16. miglia, dando a ciascun miglio 10. stadj, e li 120. stadj indicati da Dionisio d' Alicarnasso (lib. 5.) corrispondono a 15. miglia ordinarie, dando a ciascun miglio ordinario 8. stadj. La diversità di un solo miglio nasce dall' avere Sttabone dato il principio della distanza dal centro di Roma, e Dionisio dall' uscita della stessa città.

Filostrato, prosiegue il dottissimo autore, nella vita di Apolonio Tianeo p one la medesima distanza da oma 16. miglia ad ne

(1) Dizionar. d'antichità verb.Stadio. (2) Ibid verb. Piede.

(3) Analyse Geographique de l'Italie part. 3. sect. I.

(4) At tantum septi vallo sibi vindicat
agri,

Parva Miceneæ quantum sacrataDiane
Distat ab excelsa nemoralis Aricia

Roma.

Quoque modo Romæ prælapsus mœ

nia Tibris

In mare descendit, si nunquam torqueat amnem. Lucan. lib.6.

La bocca del Tevere è distante da Roma 16.miglia, dunque altrettante ve ne passano dall' Ariccia. Cluver. Ital. antiq. lib. 3• pag.916.

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