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una porzione de' cittadini di Alba lunga dopo la distruzione della loro patria fondasse o ampliasse la città di Boville. Quindi i popoli Bovillani vengono chiamati, o espressi con questi tre nom Albani, Longani, Bovillenses: lo che fu anche avvertito dal sig. abb. Ricci, il quale alli marmi riportati dal P. Volpi ne aggiunge un altro inedito del museo Borgia in Velletri, nel quale benchè in parte corroso chiaramente si legge Albani Bovillens. Tolta dunque di mezzo l'Alba media, o municipio Albano, possiamo facilmente indurci a credere, che una porzione del presente Albano sia situata nell' agro antico Aricino; e che tutto ciò, che ivi osservasi di frammenti di antichità superiori a' tempi di Pompeo, e dell' imperatore Domiziano, debba attribuirsi all' Ariccia.

Imperciocchè sembra inverisimile, che una città cotanto cospicua, quanto l' Ariccia, fondata tanti secoli prima di Alba Lunga, tanto addestrata nell' arte della guerra, avesse per termine del suo agro la porta stessa della città. Ciò accaderebbe appunto, se si credesse, che il torrione della Stella appartenesse alla villa di Pompeo; mentre quasi dirimpetto a quella vi era il tempio degli Aricini dedicato ad Esculapio, e l'abitazione degli Azzi Aricini. Il sig. abbate Ricci ci ha rubato anche questo tempio, e queste abitazioni degli Azzi, e ci ha in questo modo ristretto la nostra città, come vedremo a suo luogo. Noi però non vogliamo usurpare l'altrui, ma soltanto conservare il proprio.

Noi crediamo, che tutta la estensione dell'agro, che ora comprendesi tra la rocca di Castel Gandolfo, prima detta Arce Albana, e l'Ariccia, spettasse agli Aricini; e che l'agro Albano si stendesse verso Boville, passandovi maggior estensione tra Boville e l'Arce Albana, di quella passi tra questa e l'Ariccia. Anzi non ci allontaneremmo forse dal vero, se suppor volessimo, che tutto ciò che dagli antichi scrittori si dà all' agro Albano, venisse da noi attribuito a Boville. Imperciocchè siccome i popoli di Boville chiamavansi ancora da Alba lunga, Albani e Lungani, come abbiamo veduto di sopra; così ancora potevasi il loro territorio chiamare

Albano.

Allorchè i Popoli Latini intimarono la guerra a' Romani ha da Dionisio (1), che la lagnanza principale di que' popoli fu

cuntur, se se ex Albanis oriundos profiteri voluisse, quod nempe Albanorum pars, Alba Longa diruta, Bovillas oppidum, prope locum excise Albe vel condiderit primo, vel certe ampliaverit. Unum enim, et eumdem populum Bovillarum exprimunt tria hæc nomina A.bani, Lengani, Bovillenses,, Lat. vet. Lib. 12. cap. 9.

(1) Ajebant, populum Romanum accusari a populo Aricino, non solum iter tu

si

per

tum præbuisse Hetruscis bellum inferentibus Aricia; verum etiam adjuvisse eos rebus ad id necessariis: deinde cos, qui prælio effugissent, excepisse inermes, et saucios omnes, atque servasse; cum non ignorarent, eos commune bellum intulisse universo latino nomini; ac si Aricia potiti fuissent, facile occupaturos cætera „ Antiq. Rom. lib.s.

perchè i Romani avevano permesso il passaggio, e somministrato vettovaglie all' esercito Etrusco per sorprendere l' Ariccia, e dopo la sconfitta degli Etruschi aveano dato asilo in Roma a quei pochi, che dalla battaglia erano scampati; non potendo i Romani ignorare, che facendosi guerra agli Aricini, si faceva contro tutti i popoli Latini. Imperciocchè era ad intelligenza di tutti, che debellata l'Ariccia, facilmente sarebbe stato soggiogato tutto il regno Latino. Per confessione dunque di tutti i popoli Latini congregati nella curia Ferentina, era l' Ariccia la città più forte del Lazio. Ma se noi diamo all' agro Albano il sito del Torrione della Stella, e della vigna del convento della Stella, e il monte ove ora è il convento de' Cappuccini, ognun vede, che l' Ariccia poteva ad ogni momento rimaner vittima de' suoi nemici. Co' soli tiri di sassi potevasi impedire non solo agli Aricini l'ingresso della lor città, e rocca (la quale pure di sua natura era fortissima, come abbiamo di sopra osservato); ma ancora co' sassi medesimi offenderli dentro la stessa loro città. Non è verisimile dunque, che gli Aricini popoli molto più antichi degli Albani, non si ritenessero per loro difesa il colle, e piano contiguo dell'Albano pre

sente.

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Tutto ciò però è mera congettura; ma se si aggiunga qualche valida ragione rimarremo convinti di questa nostra asserzione. Noi non abbiamo dagli antichi itinerarj notizia alcuna dell' Alba media . L'itinerario d' Antonino pone da Roma all' Ariccia 16. miglia all'incirca (1). La Tavola Peutingeriana pone Boville tra Roma e l'Ariccia in distanza di 13. miglia in tutto (2). Il solo Itinerario Gerosolimitano fa menzione di Albano, con dire, che da Roma a Boville, o nono lapide si mutavano i cavalli, e di lì alla colonia Ariccia, e Albano vi passavano sette miglia (3). Boville stava alla nona colonna da Roma: vi era dunque tra Boville. e l' Ariccia, in cui era l' altra mutazione de' cavalli, lo spazio, di sette miglia, le quali unite insieme fanno l'intiera somma delle 16. miglia, che passavano tra Roma e l'Ariccia, come si è provato di sopra. In questo intervallo di sette miglia vi era l'Alba media (seppure non era Boville ); e perchè mai di questa, a cui pure si dà dal sig. abate Ricci il titolo di colonia, e municipio, non si fa menzione? Nè giova rispondere, che nell' Itinerario Gerosolimitano si unisce la colonia Aricina con Albano, essendo in esso corso errore per ignoranza degli amanuensi, o libraj. Imperciocchè descrivendosi il viaggio da Roma all' Ariccia, dovea nominarsi

(1) Roma Ariciam m. pl. m. XVI.: cioè milliaria plus minus XVI.

(2) Roma, via Appia, Bobellus X. Aricia III.

(3) Urbe Roma ad nonum IX, Aricia, et

Albano VII.: ovvero. In urbe Roma mu. ad nonum. C. Aricia, et Albano .,, cioè mutatio equorum ad nonum ab urbe Lapidem. Colonia Aricia, et Albano,

d

prima Albano, e poi l' Ariccia. Forse in vece di Albano fu scritto Diane, o Cynthia Fano. Era questo tempio, come abbiamo veduto di sopra, più celebre della stessa Ariccia, ed a cui in gran folla da Roma si accorreva. Per comodo dunque de' viandanti era stabilita la fermata o muta de' cavalli nell' Ariccia, e luogo del tempio di Diana, che era quasi una medesima cosa, e posto poco tratto di strada di là dall' Ariccia, cioè dove ora è Genzano. Infatti che anche di là dall' Ariccia vi fossero altri luoghi, che aveano il vocabolo medesimo dell' Ariccia, come il tempio e bosco di Diana, e clivo di Virbio, lo deduce il P. Volpi (1) dal fatto riportato da Valerio Massimo di colui, il quale avendo preso in affitto un cavallo sino all' Ariccia era giunto sino al clivo di Virbio, che sta va di là dall' Ariccia, credendo di non aver trasgredito il patto fatto di andare sino all' Ariccia.

Ma entrando più dentro nella materia, che si tratta, si osservi di grazia la ragione , per cui il sig. abate Ricci attribuisce al suo Albano il sepolcro de' Flavj, e il tempio d'Esculapio. Un marmo coll'iscrizione Flaviorum esistente nel romitorio della Stella e una lapide spettante ad Esculapio riportata dal P. Volpi, dà tutto il fondamento alla sua assertiva (2). Un altro marmo trovato similmente nella vigna de'Carmelitani dà a lui tutto il fondamento di attribuire al suo municipio Albano le abitazioni e poderi degli Azzi Aricini (3). Dovea pur egli riflettere, che fuori di quel le iscrizioni ivi trovate, non aveva altro documento. Per lo contrario si ha di certo, che Ippolito edificò nell'Ariccia un tempio in onore di Esculapio, da cui ricevuto avea la guarigione, e fu perciò chiamato Virbio, cioè bis vir, quasi fosse stato da quel nume risuscitato, e donato a nuova vita. Si sa parimente, che la famiglia Azzia, dalla quale per linea materna discese Augusto imperatore, era Aricina. Ciò posto, come a suo luogo vedrassi, servendosi della medesima ragione del sig. abate Ricci, potrà asseverantemente dirsi, che l' Ariccia si stendesse non solo a tutto il presente sito del romitorio della Stella, ove era il tempio di Esculapio, ma al di là ancora del Torrione della Stella; il quale dovea esser incluso nelle abitazioni degli Azzi, perchè l'iscrizione spettante a quella gente, riportata dal sig. abate Ricci, fu trovata vicino al romitorio suddetto; e perchè altra iscrizione spettante alla medesima gente fu trovata vicino al casino de' signori Canobi, al di là del Torrione, nel di cui cortile ora vedesi murata sul ter

(1) Quidam furti damnatus est, quod equo, cujus usus illi usque Ariciam commodatus fuerat, ulteriore ejus Municipii clivo vectus esset. Val. Max. lib. 8. Scilicet ejus equi conductor locum etiam ultra Mu icipium Aricinum, Ariciam vocari noverat ;

adeoque equum jure commodati, ultra il-
lum Clivun ducere non dubitavit. Let.
vet. Iil.13. cap. 1.

(2) Lib. 2. cap. 3. pag. 123.
(3) Ibid. pag. 115.

reno, e molto corrosa, la quale noi riporteremo, allorchè tratteremo di quella gente.

Soprattutto però, che le fabbriche dell' Ariccia si stendessero nell'Albano presente lo dimostra la continuazione degli edificj, de tempj, e de' sepolcri, e di abitazioni, che dal basso della via Appia da ambe le parti si osservano. Sono queste talmente unite che sembrano essere una sola abitazione. Nè è verisimile, che gli Azzi volessero fissare la loro abitazione nell' agro Albano soggetto a' Romani, i quali furono per lungo tempo nemici degli Aricini, e contro i quali sostennero più guerre. Nè in ciò è contrario Strabone, il quale descrive l'Ariccia nel luogo basso della via Appia . Era questo un sobborgo, come abbiamo osservato di sopra, il quale incominciava dalla porta della città posta nel luogo basso, e si stendeva per quel tratto di strada, che dolcemente sale al convento della Stella. Noi abbiamo misurata la lunghezza della strada che dal luogo basso dell' Appia, ove ora è il portone di sotto del Parchetto, va sino alle vestigia del tempio d'Esculapio, e della vigna del convento della Stella, e l'abbiamo trovata di canne 183. di misura Romana. Un sì corto tratto di strada ripieno di continuati vestigj di fabbriche antiche in luogo non molto scosceso e alto, ci dimostra essere stato un sobborgo della città, la quale era fondata nel basso.

se fosse vero

Crescerebbe a dismisura la nostra asserzione come asserisce il P. Kircher (1) con la testimonianza di Appiano, di Dionisio e di Livio, che in occasione della guerra civile tra Mario, e Cinna contro Ottavio, Crasso, e Metello accampassero i primi il loro esercito tra l' Ariccia, e l' Albano di Pompeo, e li secondi nel monte Albano: perchè avrebbe dovuto Mario ristringere il suo campo dentro lo spazio di dugento canne Romane in circa tanta essendo la distanza che passa dal basso della via Appia al Torrione della Stella, il che non è possibile. Ma non so in qual fibro di Dionisio, o in qual Deca di Livio abbia ciò letto il Kircher. Mancano, com'è a tutti noto in quest' epoca i libri di questi due scrittori. Appiano Alessandrino poi non dice, che Mario accampasse il suo esercito tra l'Ariccia, e l'Albano di Pompeo; ma bensì alla colonna, o miglio duodecimo. Ecco le sue parole secondo la traduzione riveduta da Alessandro Tollio, che procurò di Appiano la bella edizione nel 1670. in Amsterdam, edizione che nel catalogo Pinelliano degli autori Classici si dice correttissima, e la migliore di tutte (2): Marius postquam satis cavit, ne quid commeatus vel

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lib. 2. cap. 5. De qua (Aricia ) Dionysius,
et Livius dum castra Marii, et Cinne
Ariciam inter, et Albanum, posita descri-
bunt, fuse agunt. ibid. cap. 6.
(2) Pag. 659.

28

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a mari, vel secundo flumine in urbem importaretur, vicina oppida ag ubi erant populi Romani granaria, subitanea vi cepit Antium, gressus, Ariciam, Lanuvium, et quædam alia, nonnullis per proditionem poausus urbem per titus. Ita terra quoque interceptis subvectionibus viam Appiam petere, priusquam aliunde commeatus expediretur, AD DUODECIMUM LAPIDEM una cum Cinna, Carboneque, et Sertorio castra posuit. Octavius vero, et Crassus, et Metellus ad montem Albanum eis se opposuere. Il P. Kircher dunque sognò l'autorità di Dionisio e di Livio, ed inventò quella di Appiano, o almeno errò sul falso supposto, che l' Ariccia fosse distante da Roma dodeci miglia, come fu scritto nelle stampe o vedute disegnate a' suoi tempi da Gian Battista Falda, e incise da Gian Giacomo Rossi (1).

,

(1) Quanto ha errato il Kircher avvicialtrettanto ha nando a Roma l'Ariccia errato Flavio Biondo Ital. illustrat. reg. 4. da quello allontanandola. Scrisse Biondo, che Albano è lontano da Roma sedici miglia, e che dopo di Albano sei miglia sulla strada Appia vi è l'antica città dell' Aric tia, di cui poca cosa vi era rimasta. Sicchè sarebbe stata distante da Roma l' Ariccia ventidue miglia. Non si nega, che circa la metà del secolo decimo quarto, in cui scrisse il Biondo, era forse l'Ariccia ridotta a poca cosa. Si nega però, che di quel tempo si stendesse ancora sulla via Appia, e che fosse distante sei miglia da Albano. Il ch. Tiraboschi nella storia della Letteratura d'Italia tem. 6. part. 2. lib. 3. cap. 1. dice, che in tutte le opere del Biondo, benchè si veggano non pochi falli da lui commessi, scorgesi però nel tempo medesimo una singolar diligenza nel raccogliere da tutti gli autori quante giovar poteva al suo intento. Da' Commentarj di Pio II. scritti pochi anni dopo l'Italia illustrata del Biondo rilevasi, che a quei tempi l'Ariccia non stava più sulla via Appia, e che gli avanzi, che ancora vedevansi, di antichità su quella strada furono da Pio II. creduti appartenere all'antica città di Boville. Se il Papa Pio sulla via Appia veduta avesse Ariccia, ne avrebbe certamente fatto menzione. Ecco la descrizione del viaggio del Papa. Hinc Pontifex Albam reaiit, et sequenti die ad visendum lacum Nemorensem... sese contulit, Appia via profectus, que Antique ruine ad adbuc strata cernitur. .. sinistram in monte mansere, sub quo reliquie veterum cernuntur ædificierum, quas Bovik

las dicunt, et locum esse tradunt, ubi Clo
dium occiderit Milo. Aque ibi recentes sca-
turiunt, et agri sunt uberes : a dextris mil-
le circiter passibus stagnum cernitur, cui
Aricino lacui nomen imposuere. Ascenditur
deinde mons, in quo Cynthianum castellum
sedet etc. In questa minuta descrizione del-
la via Appia da Albano a Genzano, se i!
Pont. Pio su quella incontrato avesse l'Aric-
cia, l'avrebbe certamente nominata. Su
quella strada dunque a' tempi del Biondo
non esisteva più l'Ariccia, ma stava sul
colle, ove esiste ancora, e ove era l'an-
tica rocca, di cui fa menzione Strabone
lib. 5. L' errore del Biondo nacque dall' es-
sergli sfuggita dagli occhi la descrizione,
che fa Strabone, dell' Ariccia. Strabone,
dice il Biondo loc.cit., nominando Alba lasciò
di dire dell'Ariccia, ch'è oggi quasi ruinata
e fu già (come dissimo sopra) nella
tutta
strada Appia. Non avendo egli dunque
letto in Strabone, che Diane... Nemus
ab sinistra vie parte est, qua ab Aricia La-
nuvium versus ascenditur : e che post Alba-
num mantem in via Appia est Aricia, 160.
stadiis a Roma, situ concavo,
pose PAriccia
edita, et natura loci munita,
sei miglia distante da Albano, e conse-
guentemente di là da Lanuvio; il che è
contrario a tutte le autorità da noi addot-
te. E' falso ancora, che l' Ariccia fosse
a' tempi del Biondo quasi tutta ruinata,
perchè vi era ancora la chiesa collegiata
molto grande, un monastero di monache,
molte altre chiese, ed il palazzo de'Padro-
ni con le torri fabbricatevi per sua difesa,
come vedremo altrove.

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,

arce tamen

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