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cusare dal Vescovo, e a ricevere la sentenza de' suoi delitti, lo rendesse insieme coll' Arcidiacono meritevole del perdono, e d'esser restituito alla sua dignità; e tanto più, che dalla Bolla si deduce, non essere stata ad ambedue tolta la speranza di trovar compassione appresso la Santa Sede; ciò che non può credersi degli altri due, renduti indegni del perdono dalla loro contumacia.

All'anno 1132. si vede comparire trà i Priori Pietro II. di questo nome in una Bolla indirizzata a lui, e a suoi Canonici, anche qui sotto il titolo di Fratelli, cioè di Cherici viventi in comune (Docum. III.). Ella è d'Innocenzio II., data il dì delle calende di Maggio del 1132., della quale ne faremo la descrizione. Avevano alcuni Cittadini di consenso del Vescovo Ranieri, e di Uberto Priore di S. Lorenzo conceduto lo Spedale sotto il titolo di questo Santo, (1) appartenente, e contiguo a questa Chiesa, al Monastero di S. Benedetto in Biforco, altrimenti detto in Alpe; ed erane stato a questo confermato il possesso in virtù di due Bolle, (Docum. IV.) l' una di Calisto II. dell' anno 1124., e l'altra d' Innocenzio II. dell'anno 1131. Avendolo poi questi Monaci renunziato, quei medesimi Cittadini, che ne avevano fatta loro coll'accennato consenso la concessione, il concederono di propria autorità al Monastero di Crespino. Di qui nacque lite trà esso, e il Capitolo, pretendendo questo che la concessione non fosse valida. Dopo essere stata lungamente agitata la causa, finalmente il Capitolo ricorse a Innocenzio II., querelandosi della prepotenza di quei Cittadini, i

che non

(1) Il vedersi qui nominato lo Spedale di S. Lorenzo ci fà osservare, vi fi quasi Chiesa, e Monastero de' principalì, che non avesse vicino il suo pro pri Spedale per ricevervi i pellegrini, e in alcuno ancora gl'infermi. Intorno a questo costume assai commendabile si legga il Muratori (Antic. Ital. del Med. Évo T. III. Dissert. XXXIX.), e il Lami (S. E. Fl. Monum. T. II pag. 1152.) In fatti nelle memorie della nostra Città, dopo lo Spedale del nostro Duomo, fondato nell' undecimo secolo, il quale trà quelli degli Ecclesiastici è giudicato il più antico di Firenze, parecchi sene trovano d'altre Chiese, i quali o per un raffreddamento della Cristiana carità, o per difetto di rendite, o per altri giusti motivi, tempo per tempo son rimasi soppressi. Per quello poi che riguarda particolarmente gli Spedali delle Canoniche, il Concilio d'Aquisgrana celebrato l'anno 816. sotto Lodovico Pio, nel quale si danno le regole da osservarsi dai Canonici, ivi obbligati a professare la vita comune, dichiara esser convenevole, che in un competente luogo abbiano uno Spedale pe' poveri, ove poter facilmente convenire a servirgli. Can. 141. Ordina poi, che il loro Superiore debba destinare dentro la Canonica un luo go a parte, che serva come di Spedale per gl'infermi, e pe' vecchi, ove possano questi col maggior comodo soffrire le loro infermità, e la lor debolezza, ed esservi sostentati de' sussidj Ecclesiastici, e assistiti dalla carità dei loro confratelli. Ibid.

quali dopo aver conceduto una volta lo Spedale con tutte le sue ragioni al Monastero di Biforco (avendone avuta dal Vescovo, e dal Capitolo la facoltà), poi senza autorità alcuna l'aveano voluto concedere al Monastero Crespinense: tanto più, che appariva da' pubblici istrumenti, che l'Abate di Biforco l'avea tempo fa conceduto al Capitolo con annuo censo, alla presenza, e di consentimento di Guglielmo Prete Cardinale, e Legato Apostolico, il quale avea sottoscritto di propria mano il contratto della concessione (1). Chiamate allora a se il Santo Padre ambedue le parti, ed esaminate diligentemente le ragioni dell' una, e dell' altra, e vedute le scritture del Capitolo; dopo avere interrogati sopra di ciò i suoi Consultori, sentenziò, che poichè quei Cittadini aveano avuto la facoltà di concedere lo spedale precisamente al Monastero Biforcense, dopo averne questo fatta la renunzia non avevano facoltà di concederlo ad altri, e che perciò i Monaci di Crespino lo doveano restituire al Capitolo, il quale ne era tornato già nell'antico possesso; coll'obbligo ai Monaci di rifare al Capitolo tutti i danni, che vi avessero apportati; e al Capitolo di rimborsare i Monaci di tutte le spese necessarie fattevi nel tempo, che l' aveano posseduto con buona fede.

Un'altra Bolla (Docum. V.) si legge indirizzata allo stes so Priore, e a suoi Canonici, anche qui sotto il titolo di Fratelli, dal medesimo Innocenzio II. il dì delle calende di Maggio dell' anno 1143., in cui si dichiara di prendere la loro Chiesa sotto la tutela, e il patrocinio Apostolico, e di confermarle lo Spedale di S. Lorenzo ad essa vicino, e la Chiesa di S. Marco Vecchio, con tutte le sue appartenenze (2). In

(1) Che un Guglielmo Prete Cardinale vi fosse innanzi all'anno 1113, cene assicura la Bolla; ma non trovandosi nominato avanti a quel tempo ne dal Ciacconio nelle Vite dei Pontefici, e de' Cardinali, nè da altro scrittore, che parll di essi, non si può rinvenire presso a poco il tempo di questa concessione, la quale è tralle carte perdute. Si congettura però, che ella fosse fatta ò innanzi alla fine dell' undecimo secolo, o sul principio del duodecimo.

(2) Questa è la prima memoria, che io abbia trovata di questa Chiesa, una dell' antiche Parrocchie suburbane, detta di S. Marco Vecchio a distinzione dell' altra urbana di S. Marco Nuovo in Cafaggio. Il Lami (S. E. Fl. mon. T. III. pag. 1780.) è di parere, ma senza addurne ragione alcuna, che ella fosse unita alla Mensa Capitolare di S. Lorenzo nel principio del duodecimo secolo, e forse nel Vescovado di Ranieri: io però crederei più verisimile, che ella fosse unita da Niccolò II. l'anno 1059., compresa nella donazione, che egli fece alla Chiesa di S. Lorenzo, di alcune possessioni, che la circondano, come altrove osservai.

un' istrumento, che si conserva nel ricchissimo archivio della Badia Fiorentina, accennato dai celebri annalisti Camaldolensi, si fà menzione di questo Priore nell'occasione di una controversia nata trà Azzone Abate della nominata Badia, e Ildebrando Piovano di S. Stefano a Campoli, nella quale fù eletto giudice insieme con Alberto Arcidiacono Fiorentino, e con Teodorico Priore del Monastero Camaldolense.

LIBRO V.

Ecco il primo Priore, il quale si sappia avere colla dignità

Vescovile recato lustro al nostro Capitolo. Questi è Bernardo, al quale nel nostro Catalogo si assegna per principio del suo Priorato l'anno 1170. Ma il Canonico Salvini nel suo catalogo stampato de' Canonici Fiorentini il dice eletto Priore nel 1160. per la ragione del vedergli in quell'anno succedere Ildebrando nella dignità di Proposto, la quale Bernardo avea goduta nella Cattedrale. Si vede però, che la sua elezione seguì qualche tempo innanzi al 1160. leggendosi sottoscritto (1) co' due caratteri di Proposto della Cattedrale, e di Priore di S. Lorenzo, in una carta della donazione, che fece Giulio Vescovo Fiorentino di consenso de' suoi Canonici al Monastero Valombrosano di S. Salvi, della Chiesa e Parrocchia di S. Iacopo ne' sobborghi della città. La carta è descritta dall' Ughelli nel T. III. dell' Italia Sacra, ma non vi si legge di che anno ella sia; solamente si sà, che fù fatta nel Vescovado di Giulio, che si stese dal 1158. fino al 1181.,0 1182. Dalla sottoscrizione dunque di Bernardo come Proposto Fiorentino a un tempo, e Priore di S. Lorenzo, si deduce, che avendo egli rinunziato la dignità di Proposto nel 1160., come s'è notato di sopra, fosse eletto Priore qualche tempo avanti a quest' anno; onde si potesse verificare, che egli godesse insieme le due dignità, colle quali si sottoscrive: ciò, che non osservò il Ducci in descri

(1) Ego Bernardus S. Florentinae Ecclesiae Praepositus, & Prior S. Lau rentii, licet indignus.

verlo nel catalogo de' Priori all' anno 1170. per averlo veduto nominato allora la prima volta in un nostro contratto di lo

cazione.

A lui come a Priore di S. Lorenzo, e a suoi Canonici indirizza Alessandro III. il dì 28. di Novembre del 1177. una sua Bolla, (Docum. VI.) nella quale protesta di ricevere la Chiesa di S. Lorenzo sotto la tutela, e protezione di S. Pietro, e della Sede Apostolica; e le conferma la Parrocchia, che ella aveva fino allora pacificamente posseduta, e tutti i beni, che ella godeva, o era per godere, e nominatamente le Cetine di S. Lorenzo, e le due Chiese di S. Andrea in Percussine, e di S. Bartolommeo in Faltignano. In questa Bolla osserva il D. Lami (Mem. Eccl. Flor. T. III. pag. 1181.), che vi si nomina per la prima volta la Parrocchia di S. Lorenzo, della quale non sene vede fatta menzione neHe anteriori Bolle di Niccolò II., e d'Innocenzio II.; non sapendosi, se in quelle di Alessandro II., e di Lucio III., nelle quali dice nella sua Alessandro essere stati confermati alla Chiesa i suoi beni, vi fosse nominata la Parrocchia, perchè queste si sono smarrite. Laonde egli è di parere, che la Chiesa di S. Lorenzo anticamente avesse la Parrocchia, riputandola la prima Cattedrale di Firenze; ma che poi fosse quasi distrutta ne' tempi de' Longobardi; ond'è che Niccolò II. afferma nella sua Bolla altrove citata, che questa per le sue esortazioni fù di più bella forma restaurata a spese della città: il perchè non gli fà maraviglia, che essa per l'avanti non avesse più la Parrocchia. E aggiunge, poter essere accaduto, che essendo stata costituita Cattedrale nel Sesto, o nel Settimo secolo (doveva dire assolutamente nel Settimo) la Chiesa di S. Giovanni, a questa insieme col titolo di Cattedrale fosse trasferita la Parrocchia di S. Lorenzo; tanto più che si osserva, che questa Chiesta non ha altro di sua Parrocchia, che una parte della nuova città; e vuole intendere di quello spazio, che nel terzo cerchio fù compreso dentro le mura.

Ma queste sue congetture non mi sembra che vagliano a sostenere la sua opinione. Il non farsi menzione della Parrocchia di S. Lorenzo allorchè son confermati nelle due Bolle di Niccolò II., e d'Innocenzio II. i beni di questa Chiesa, ma la prima volta in quella d' Alessandro III., non prova, che ella non avesse allora la Parrocchia; perocchè al Capitolo non sarà venuto in pensiero di chiederne la confermazione agli anteces

sori di esso. Di alcuni beni si sà, che il Capitolo gli possedeva innanzi alla metà dell' undecimo secolo, e pure non si vedono tutti nominati, e confermati nelle due prime Bolle, ma quando l'uno, e quando l' altro nelle posteriori; come per esempio in quella di Alessandro, di cui si parla, son confermate la prima volta le Cetine, luogo nel quale era posta quella sorte di terra, che il Vescovo Fiorentino Gherardo l'anno 1044. concede alla Chiesa di S. Lorenzo,

All' osservazione poi, che egli fà, che Niccolò II. nella sua Bolla afferma, che per le sue esortazioni fù rifatta la Chiesa di S. Lorenzo di una più bella forma, onde ne deduce, che ella fosse già quasi disfatta dai Longobardi, e così avesse perduto la Parrocchia, si risponde, che dal dirsi che ella fù rifatta di una più bella forma, non ne viene in conseguenza il doversi intendere, che ella fosse stata già quasi disfatta, ma che avanti fosse piccola, e semplice, quali erano l'antichissime Chiese; e tanto più, che s' è veduto, che prima che ne fosse intrapresa la rinnovazione, ella aveva il suo Rettore, che era lo stesso che il Paroco; e che Niccolo allora Gherardo Vescovo Fiorentino nel principio del suo Vescovado, cioè più di cento trenta anni avanti, ne accrebbe con un suo fitto le rendite. Molto meno mi sembra, che dall' esser passato il titolo idi Cattedrale da S. Lorenzo a S. Giovanni possa avervi ragionevole fondamento da arguirsene, che passasse dall' una all' altra Chiesa eziandio la Parrocchia. Falso egli è finalmente quel che lo stesso asserisce, che la Chiesa di S. Lorenzo non hà altro di sua Parrocchia, che una porzione della nuova Città (e vuole intendere di quel buon tratto, che fù compreso dentro le mura nella fabbrica del terzo cerchio), dal che si vede, che egli re vuole inferire, esserle stata allora ivi restituita la Parrocchia. Imperciocchè, oltre quella vasta porzione di Parroc-chia, la quale si să per la testimonianza sicurissima di molte carte, che nel tempo del secondo cerchio ella godeva fuor della Porta contigua già alla Chiesa, e fuor di quell' altra chiamata la Porta di Campo Corbolini, o alla Forca di Campo Corbolini, le quali porzioni furono poi chiuse in Città dal terzo cerchio, egli è certissimo, che ne aveva fin dall' antico un'altra dentro le mura del secondo, confinante colle Parrocchie del Duomo, e di S. Maria Maggiore. Oltredichè, se fosse vero, che ella avesse riavuta la Parrocchia, allorchè fù accresciuta la

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