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e fedeli promesse fatte a Davide. Tra le quali è la resurrezione di Cristo, promessa e predetta in questa scrittura, nella quale dice: Signor, tu non permetterai che il corpo da te singolarmente santificato diventi dopo la morte corrotto e putrido. Ove non può parlare Davide di sè stesso, il quale, dice S. Paolo, che avendo nella sua età servito alla volontà di Dio, morì, fu sepolto co' suoi padri, e putrefatto, quanto il corpo. Ma Cristo risuscitato il terzo giorno fu quello che non vide corruzione. Onde Davide non in persona sua, ma di Cristo scrisse quella orazione, che non solo fu orazione di Cristo al Padre, ma fu profezia della resurrezione. Signor (dice) io griderò a te, io ti pregherò, come Dio mio, e dirò: Che utilità porterà al mondo il sangue mio sparso nella passione, se così, come io sono disceso infino alla morte, discendo ancora infino alla risoluzione e putrefazione del corpo mio? Chi sarà, che confesserà a te le laudi tue? Chi annunzierà al mondo la verità delle promesse tue? La polvere forse del corpo mio? E conoscendo la dignità di chi pregava, e l'efficacia di questa orazione, dice: Dio m'ha esaudito, ha avuto misericordia di me, e s'è fatto adiutor mio. Sempre fu esaudito il Figliuolo di Dio dal Padre, come egli stesso disse nella resurrezione di Lazzaro; e come uomo, dice, che il Padre ebbe misericordia di lui, e li diede aiuto risuscitandolo dai morti. E perciò segue, e dice: Tu hai convertito il pianto della morte mia a me in allegrezza e festa. Tu hai prima aperto e tagliato questo sacco del corpo mio nella passione, e poi nella resurrezione mi hai da ogni parte ripieno di letizia e di gloria; acciocchè la gloria data a me, ritorni in te con laude, e con ringraziamenti del mondo, senza mo

lestia alcuna. Perciò eternalmente confesserò le laudi tue. Non lasciamo un' altra scrittura di Osea Profeta. Invita questo Profeta le anime sviate da Dio o per infedeltà, o per peccati, e per questa cagione afflitte e tribulate. Venite, dicè, e ritorniamo a Dio, perchè egli ci ha percossi, e egli ci sanerà. Questa è profezia della incarnazione, quando il Figliuol di Dio prese anima, e carne umana per la sanità nostra. Egli ci ha percossi, e egli ci sanerà. La percossa fu la mortalità del corpo, e altre pene del peccato originale. La medicina, per la quale siamo già sanati, fa la morte sua; ma questa sanità non l'avremmo avuta giammai senza la resurrezione. Onde ci promette la resurrezione, e dice: Dopo la morte due giorni, al principio del terzo ci restituirà la vita, ci restituirà, e viveremo nel cospetto suo. Saremo pieni di scienza, e non ci divideremo da lui: anzi sempre il seguiremo, e più perfettamente il conosceremo. Perciocchè uscirà del sepolcro, non altrimenti che suole uscire l'aurora, la quale è seguita dal sole illuminatore di tutte le tenebre. E verrà a noi, come la pioggia, la quale discende al tempo suo, per far fruttificare la terra. Quì nasce un dubbio. Questa scrittura pare che parli della nostra resurrezione. Come adunque dice, che saremo risuscitati il terzo giorno? conciosiacosachè Cristo solo risuscitò il terzo giorno: e noi altri non risusciteremo infino alla fine del mondo. Chi muove questo dubbio non ha letto, o non si ricorda d'aver letto in S. Paolo che noi fedeli siamo già risuscitati con Cristo. Perciocchè credendo fermamente la resurrezione di Cristo, siamo ancora certi per fede della nostra resurrezione; conciosiacosachè, come al suo luogo col favor divino dichiareremo, la resurrezione di Cristo è cagione della

generale resurrezione de'morti. In questo mezzo, carissimi figliuoli, ascoltate attentamente la voce di S. Paolo, il quale te, che sei oppresso da' peccati leggieri, tiené per addormentato, e ti chiama come dal sonno, dicendoti: Levati dal sonno, non dormir più; e te, che sei oppresso da peccati gravi, tiene per morto, e chiamati, come dalla sepoltura, dicendo: Risuscita da questo stato, nel quale, coloro che sono morti, giacciono: perchè Cristo t'illuminerà, facendoti conoscere la gloria alla quale ti chiama. Ed in un altro luogo t'insegna come si risuscita e si cammina a questa gloria, e dice: Siccome Cristo risuscitò da' morti glorificato, ed esaltato dal Padre, così noi dobbiamo camminare verso la gloria, alla quale egli ci chiama con una nuova vita. Questa nuova vita, secondo la dottrina di questo maestro, consiste, che in questo nostro corpo mortale non regni il peccato. E voi direte: Quando non regna? Quando l'anima illuminata, ed aiutata da Dio non obbedisce a' movimenti del peccato, allora non regna in lei il peccato. Quando l'anima non consente che le membra del corpo servano al peccato, ma le volta tutte all' obbedienza, e al servizio di Dio, allora non regna in lei peccato, allora non è morta, ma vive di nuova vita, come suscitata da' morti. Voi, che vedete la donna o la roba altrui, e siete mossi dal peccato, che abita in voi, a desiderarla, e ad acquistarla; se la desiderate, e cercate di acquistarla, siete sotto il dominio del peccato, e siete come morti; ma se ripugnate al desiderio del peccato, e occupate i corpi vostri alla obbedienza de' comandamenti di Dio, siete risuscitati, e vivete una vita nuova, rinnovata dallo Spirito Santo, dal quale sempre avete movimenti contrarî a' movimenti del peccato. E voi che

avete ricevuto, o vi pare d'aver ricevuto alcuna ingiuria, se seguirete il movimento del peccato che vi stimola a vendetta, siete sotto il regno del peccato, e morti; ma se vi rivolgete a quello, che Cristo benedetto vi comanda, rimettendo l'ingiuria, e non procurando veruna sorte di vendetta, siete liberi dal peccato, risuscitati, e rinnovati dallo spirito di Dio, che abita in voi. Attendiamo adunque, carissimi figliuoli, ad uscire ogni giorno più del regno, anzi della tirannia del peccato, dispregiando il mondo, e mortificando questa nostra carne mortale, e voltandoci a conoscer Cristo, e la virtù della sua resurrezione, dalla quale abbiamo in questa vita la resurrezione dell'anima dalla morte del peccato, e aspettiamo alla fine del mondo la resurrezione de' corpi co' quali trionferemo del peccato, del demonio e della morte, a laude e gloria di Gesù Cristo nostro Signore, il quale risuscitato da' morti, vive, e regna per tutti i secoli. Amen.

PREDICA UNDECIMA

Tre contemplazioni cristiane e pie. La prima della prima scesa di Gesù Cristo in terra nel giorno della sua natività. La seconda dell'ascensione sua al Cielo, e alla destra del Padre. La terza della seconda scesa, quando tornerà al giudizio de' vivi e de' morti, sopra le parole del simbolo.

Ascendit in coelum, sedet ad dexteram Patris. Inde venturus est judicare vivos et mortuos.

Per dirvi il vero, dilettissimi in Gesù Cristo, pensando io questi giorni al ragionamento d'oggi, mi son trovato molto perplesso e irresoluto: conciosiacosachè dall'una parte Seripando Prediche

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mi pareva che questa gran solennità richiedesse un ragionamento proprio, nel quale non si trattasse d'altro, che del parto della Vergine, e del nascimento del Salvatore del Mondo; dall' altra parte non mi dettava l'animo, che io dovessi lasciar l'ordine, infino a quì tenuto ne' nostri ragionamenti, di continuar senza interposizione alcuna le parti della nostra rete tessute da' due Santi Apostoli, Filippo e Bartolomeo. De' quali il primo levò la gloria di Cristo, uscita dell'Inferno e del sepolcro, e posta sopra la terra per la resurrezione, sopra i Cieli infino alla destra del Padre, dicendo: Ascendit in Coelum, sedet ad dexteram Dei Patris omnipotentis. L'altro la ricondusse un altra volta in terra, dicendo: Inde venturus est judicare vivos et mortuos. Accrescevasi questa mia perplessità e irresoluzione, perchè mi pareva, che parlando della solennità, bisognasse dire, Cristo discende; parlando del simbolo, bisognasse dire, Cristo ascende. Della solennità è uscito dal Padre, del simbolo se ne va al Padre. Della solennità viene al Mondo, del simbolo lascia il Mondo. Della solennità è nato Salvatore, del simbolo l'aspettiamo Giudice. Mi sapreste voi, dolcissimi figliuoli, indovinare, che cosa sia stato che m'ha tolto ogni ambiguità, e m' ha dato lume di ciò che convenga fare? certo non altro, che un versetto dell' inno cantato jeri a vespro, secondo il rito di questa nostra Chiesa Salernitana, nel quale con mirabile eleganza si congiungono insieme le due prime cose, quando dice: Egressus ejus a Patre, regressus ejus ad Patrem, excursus usque ad Inferos, recursus ad sedem Dei. Nelle quali parole si fa menzione dell'uscita del Figliuolo dal Padre, che tocca alla solennità; e del ritorno al Padre, che tocca alla parte che segue del

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