صور الصفحة
PDF
النشر الإلكتروني

CXXV

E così in una loggia s'apparecchia
Con altra mensa altra vivanda nuova.
Ecco l'Arpie che fan l'usanza vecchia :
Astolfo il corno subito ritrova.

Gli augelli, che non han chiusa l'orecchia,
Udito il suon, non puon stare alla prova;
Ma vanno in fuga pieni di paura,
Nè di cibo nè d'altro hanno più cura.

CXXVI

Subito il paladin dietro lor sprona; Volando esce il destrier fuor della loggia, E col castel la gran città abbandona, E per l'aria, cacciando i mostri, poggia. Astolfo 'l corno tuttavolta suona; Fuggon l'Arpie verso la zona roggia, Tanto che sono all'altissimo monte Ove il Nilo ha, se in alcun luogo ha, fonte.

CXXVII

Quasi della montagna alla radice
Entra sotterra una profonda grotta,
Che certissima porta esser si dice

Di ch'allo 'nferno vuol scender talotta.
Quivi s'è quella turba predatrice,
Come in sicuro albergo, ricondotta,
E giù sin di Cocito in su la proda

Scesa, e più là, dove quel suon non oda.

CXXVIII

All'infernal caliginosa buca

Ch'apre la strada a chi abbandona il lume,
Fini l'orribil suon l'inclito duca,

E fe' raccorre al suo destrier le piume.
Ma prima che più innanzi io lo conduca,
Per non mi dipartir dal mio costume,
Poi che da tutti i lati ho pieno il foglio,
Finire il Canto, e riposar mi voglio.

[merged small][subsumed][ocr errors]

ARGOMENTO

Nella buca infernale Astolfo intende
Di Lidia il mal, ma già quasi consunto
Dal fumo, indi esce, al volator suo scende,
E nel terrestre Paradiso è giunto;

Nel ciel poi con Giovanni il sentier prende,
Et informato d'ogni cosa a punto,
Prende il senno d'Orlando, e del suo parte;
Vede chi fila i nostri velli, e parte.

CANTO TRENTESIMOQUARTO

I

OH
H fameliche, inique e fiere Arpie'
Ch'all'accecata Italia, e d'error piena,
Per punir forse antique colpe rie,
In ogni mensa alto giudicio mena!
Innocenti fanciulli e madri pie
Cascan di fame, e veggon ch'una cena
Di questi mostri rei tutto divora
Ciò che del viver lor sostegno fora.

II

Troppo fallò chi le spelonche aperse, Che già molt'anni erano state chiuse; Onde il fetore e l'ingordigia emerse, Ch'ad ammorbare Italia si diffuse. Il bel vivere allora si summerse; E la quïete in tal modo s'escluse, Ch'in guerre, in povertà sempre e in affanni È dopo stata, et è per star molt'anni;

III

Fin ch'ella un giorno ai neghittosi figli
Scuota la chioma, e cacci fuor di Lete,
Gridando lor: non fia chi rassimigli,
Alla virtù di Calai e di Zete?

Che le mense dal puzzo e dagli artigli
Liberi, e torni a lor mondizia liete?
Come essi già quelle di Fineo, e dopo
Fe'il paladin quelle del re Etïopo.

IV

Il paladin col suono orribil venne Le brutte Arpie cacciando in fuga e in rotta, Tanto ch'a piè d'un monte si ritenne, Ove esse erano entrate in una grotta. L'orecchie attente allo spiraglio tenne, E l'aria ne sentì percossa e rotta Da pianti e d'urli, e da lamento eterno; Segno evidente quivi esser lo 'nferno.

V

Astolfo si pensò d'entrarvi dentro,
E veder quei c'hanno perduto il giorno,
E penetrar la terra fin al centro,

E le bolge infernal cercare intorno.

Di che debbo temer (dicea) s'io v'entro?

[blocks in formation]

col corno.

Farò fuggir Plutone e Satanasso,
E'l can trifauce leverò dal passo.

VI

Dell'alato destrier presto discese, E lo lasciò legato a un arbuscello; Poi si calò nell'antro, e prima prese Il corno, avendo ogni sua speme in quello. Non andò molto innanzi, che gli offese Il naso e gli occhi un fumo oscuro e fello, Più che di pece grave e che di zolfo: Non sta d'andar per questo innanzi Astolfo.

VII

Ma quanto va più innanzi, più s'ingrossa Il fumo e la caligine, e gli pare

Ch'andare innanzi più troppo non possa,
Che sarà forza a dietro ritornare.

Ecco, non sa che sia, vede far mossa
Dalla volta di

sopra, come fare

Il cadavero appeso al vento suole,

Che molti dì sia stato all'acqua e al sole.

« السابقةمتابعة »