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d'autorità, delle quali non potremmo aver certamente difetto, quando lo stesso Dante provaya d'esse sue rime non lieve compiacimento? Nell' operetta del Volgar Eloquio ei le cita ad esempio più volte, ed ivi va dicendo, le sue Canzoni essere le più forbite e perfette di tutt'altre; e nella Commedia se le fa ricordare dal lucchese Bonagiunta e dal musico Casella, il primo de' quali gli ricorda quella Donne, ch' avete intelletto d' amore, »

il secondo prende a cantargli l'altra

<< Amor che nella mente mi ragiona. >>

E il medesimo giudizio, ch' ei proferiva, fidato al testimonio di sua coscienza, la quale come dice il Foscolo raramente inganna gli Autori rispetto alle migliori opere loro, egli espresse altresì nella sua professione di fede, in que' versi

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<< lo scrissi già d'amor più volte rime,

Quanto più seppi dolci e belle e vaghe,
E in pulirle adoprai tutte mie lime. >>

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<< Il merito particolare delle Canzoni di Dante, dice pur Ginguené, » è una forza, una elevatezza fin allora poco conosciute: elleno sono degne d' un filosofo quanto d' un poeta: vi si ravvisa stile più maschio, pensieri più chiari e più grandi, una copia maggiore d'immagini e di comparazioni, in una parola più poesia che nei versi » de' suoi contemporanei: sicchè quand' anche non avesse dettato la » Divina Commedia, egli pur sarebbe il primo fra i poeti di quel >> secolo. » Dante per altro, io sarei tentato di conchiudere, non è soltanto il primo poeta dell'età sua, ma uno de' primi onori del Parnaso italiano anche per le sole sue liriche poesie, poichè in esse ei dispiegò una forza ed elevatezza non solo per l'innanzi non conosciute, ma che ben pochi hanno finor pareggiate non che superate. Egli pel suo forbito e passionato Canzoniere erotico e filosofico, è forse il massimo fra quanti

<< Rime d'amore usâr dolci e leggiadre.

1 Histoire littéraire d' Italie, Première Partie, chap. VII.

Infatti il cantor di Francesca non potea venir meno a se stesso, quando l'ardente affetto accendealo a dettare

« Le dolci rime d'amor ch'ei solea

Cercar ne' suoi pensieri, >>>

o quando la perdita dell'oggetto amato faceagli sfogare in versi l'acerba doglia; nè il cantor d' Ugolino potea meno essere e pietoso e terribile allora ch' alla discorde ed ingrata patria lanciava pieno d'amore e di sdegno i suoi poetici accenti.

Fra i rimatori contemporanei dell' Alighieri distinguonsi, siccom' è noto, Guido Cavalcanti e Cino da Pistoia: ma questi pure non possono con esso lui contendere del primato. Dante medesimo, abbenchè tenesse Guido non minore a se nell'altezza dell'ingegno, mettendo in bocca di Cavalcante le note parole, Inf., X, 59:

........ Se per questo cieco
Carcere vai per altezza d' ingegno,

Mio figlio ov'è, e perchè non è teco?»

pure fa nota la sua compiacenza dell' averlo, quanto all'arte del dire per rima, superato, in quella guisa che il Cavalcanti superato avea il Guinicelli, Purg., XI, 97:

« Così ha tolto l'uno all' altro Guido

La gloria della lingua, e forse è nato

Chi l'uno e l'altro caccierà del nido. >>

Ben notarono i maestri, che non per sola l'armonia la quale suona ne' versi, vengono gli animi dolcemente attratti e dilettati; ma ciò ottenersi più specialmente per la forza del sentimento e degli affetti. Notarono, come i concetti, i quali si tolgono dall'interno della Filosofia, portano seco molta difficoltà ed oscurità, specialmente se vengano coi vocaboli e modi loro propri significati, ed esser perciò contrari al diletto ch'è il fine della poesia, o sivvero il mezzo conducente al fine: e come il poeta deve por cura a schivare le idee che tengono in fatica l'intelletto, e rappresentar quelle, che, atte ad esser vestite di forme sensibili, esercitano l'immaginativa. All' opposto il Cavalcanti astraendosi colla mente dalle qualità naturali, ond' è circoscritto l'oggetto dell' amor suo, inalzasi alle bellezze universali e va per esse spaziando; ma per quella sublime contemplazione si rende impassi

bile ai timori, agli affanni, agli sdegni, ed il suo amore vestendo abito filosofico, spogliasi di quello della passione e diventa un amore fuori dell' umana natura. Cino servendosi delle materiali idee a preferenza delle spirituali, riesce più naturale, più tenero ed affettuoso : chè se minore fosse in lui stata la verbosità e la trascuratezza nello stile, dappoichè verace n'era l'affetto, la sua poesia non apparirebbe alcuna volta languida e disarmonica. Dante tiene alquanto dell' una maniera e dell' altra in ciò ch' esse hanno di migliore, vale a dire alla elevatezza del Cavalcanti ed alla affettuosità di Cino, unisce i pregi suoi particolari, la concisione, l'energia, l' evidenza.

Così Dante nelle sue erotiche poesie non apparisce tanto vago delle bellezze eterne ed immutabili, che non sia più vago ancora del piacere di contemplare l' amata Beatrice, e di cercare con ansietà di esserle caro. Ei nutriva per questa donna un affetto virtuoso bensì, ma non eroico a segno di reprimere i moti del naturale appetito, e rinunciare a tutti i proprii piaceri. Questo gentile, ma pur verace amore, volle Dante rappresentare in quelle sue poesie giovanili : dico nelle poesie giovanili, poichè nelle altre, che son tutte morali e filosofiche, vuolsi aver riguardo al senso allegorico. Le analizzeremo alcun poco, prima quanto all' artifizio poetico, poi quanto al sentimento e agli affetti, ed allor faremo parole del di lui amore per Beatrice. Per trattare della natura d'Amore scrisse Guido la famosa Canzone Donna mi prega; per ch' io voglio dire. Nella prima stanza egli dice, come, essendo stato pregato da una donna, intende di parlare di quell' accidente, il quale intra gli altri è sì nobile che s'è acquistato il nome d'Amore. Desidera a questo suo ragionamento persone intelligenti, dappoichè gli uomini volgari non potrebbero intenderlo, proponendosi di dichiarare otto cose, cioè: dove amore riposa; chi lo fa creare; qual'è la sua virtù; quanta la sua potenza; il suo essere; i movimenti o perturbazioni che in altrui cagiona; il piacimento da cui egli tiene il suo nome; e se l'uomo per quanto lo senta lo possa mostrare. Esposto così l'argomento nella prima stanza, viene a svilupparlo metodicamente nelle altre quattro, di questa guisa incominciando:

<< In quella parte dove sta memora

Prende suo stato, sì formato come

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Risplende

in se perpetuale affetto:

Non ha diletto, ma consideranza;

Sì che non puote largir somiglianza. »

In questo componimento sembra che il Cavalcanti volesse riunire tutto ciò che la dottrina d'Amore ha di più astratto; ma egli il fece con definizioni e divisioni cotanto sottili, e con linguaggio per tal modo scolastico, che piuttostochè una Canzone gli venne fatto un trattato metafisico. È pertanto agevol cosa il conoscere quanto una tal poesia, sebbene racchiuda di belle sentenze, e sia piena di molta dottrina, per voler troppo parlare all' intelletto, lasci freddo del tutto il core. Anche Dante fu pregato da amica persona a dire per rima che cosa fossesi Amore: ma con quanto maggior grazia egli nol fece? Ascoltiamolo:

« Amore e cor gentil sono una cosa

Siccome il Saggio in suo dittato pone:

E così senza l'un l'altro esser osa,
Com' alma razional senza ragione.

Fagli natura, quando è amorosa,

Amor per sire, e 'l cor per sua magione;

Dentro allo qual dormendo si riposa
Talvolta brieve e tal lunga stagione.

Beltate appare in saggia donna pui

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Che piace agli occhi, sì che dentro al core
Nasce un desio della cosa piacente:

E tanto dura talora in costui

Che fa svegliar lo spirito d'amore;

E simil face in donna uomo valente. >>

'Intende Guido Guinicelli.

2 Pui per poi.

Il Landino a quel luogo del Canto X, dell' Inferno, ov'è fatta parola di Cavalcante, dice molto giudiziosamente, che il di lui figlio Guido, dialettico acutissimo e filosofo egregio, dettò versi volgari pieni di gravità e di dottrina. Ma perchè datosi tutto alla Filosofia non curò molto di studiare ne' poeti latini e d'investigare loro arte e ornamenti, mancò di quello stile animato e leggiadro che dee esser proprio del poeta. Guido, non v' ha dubbio, era assai dotto: pur nonostante nel poeta non vuolsi solo dottrina, ma grand' anima altresì, e grand' arte; ed in questo appunto si è che Guido rimase d'assai inferiore al suo amico Alighieri. Fra i suoi migliori Sonetti notasi il seguente, nel quale va descrivendo le pene e le angoscie cagionategli dal disdegno e dalla durezza della sua Donna:

<< A me stesso di me gran pietà viene

Per la dolente angoscia, ch' io mi veggio;
Per molta debolezza quand' io seggio,
L'anima sento ricoprir di pene.

Tanto mi struggo, perch' io sento bene,

Che la mia vita d'ogni angoscia ha'l peggio:
La nuova Donna, a cui mercede io chieggio,
Questa battaglia di dolor mantiene:
Perocchè quand' io guardo verso lei,
Drizzami gli occhi dello suo disdegno
Si fieramente, che distrugge il core:
Allor si parte ogni virtù da' miei;

Il cor si ferma per veduto segno
Dove si lancia crudeltà d'Amore. »

Un Sonetto sopra un eguale argomento ha pure l' Alighieri, nè fia discaro al lettore il vederlo riportato qui appresso, sì per farne un confronto coll' altro di Guido, sì per ammirare le molte bellezze, che in esso risplendono, tanto che ad essere raffigurate non fa d'uopo di analisi.

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<< Vogliono i periti dell'arte poetica, che Guido tenesse delle Odi >> volgari il secondo luogo dopo Dante. >> - - FILIPPO VILLANI, Vita del Cavalcanti.

2 Cioè, consumo.

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